Unione Europea e disinformazione

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Poiché l’Unione Europea ambisce ad essere una democrazia – oltre che un’aggregazione di democrazie – non può evitare di interrogarsi sulla qualità dell’informazione, che della vita democratica è una componente essenziale. Questo vale tanto per i flussi di informazione che provengono dall’esterno quanto per quelli che circolano all’interno dell’Unione.

Da tempo ormai, in particolare in occasione di consultazioni elettorali in importanti democrazie nazionali – e occidentali in particolare, al di qua e al di là dell’Atlantico – sono sotto osservazione i flussi di “fake news”, alla lettera “notizie false”, che hanno cercato di inquinare i confronti elettorali, riorientandone per quanto possibile l’esito. 

Le esperienze più recenti nel nostro emisfero hanno registrato movimenti in questo senso con bersaglio l’Unione Europea, al momento del referendum di Brexit e delle recenti elezioni del Parlamento europeo, e gli Stati Uniti alla vigilia delle ultime elezioni presidenziali. Si è trattato di strumenti di invasività politica di crescenti dimensioni che hanno fatto pesare ombre pesanti sulla qualità delle nostre democrazie e che potrebbero ulteriormente minarne il già non buono stato di salute.

Premesso che da sempre verità e politica provano difficoltà a coincidere, e questo non solo nei regimi autoritari dove sono pane quotidiano ma anche nelle nostre democrazie di ispirazione liberale, sembra finalmente venuto il momento di arginare queste infiltrazioni, compreso nell’Unione Europea.

E’ l’impegno preso dall’UE nel 2015, tradottosi poi nel 2018 con un “Piano d’azione contro la disinformazione”, all’origine nei giorni scorsi di in un  intervento sul pericolo della disinformazione in occasione della pandemia da Covid-19. Il documento non lesina sulla denuncia di quanto è stato constatato limitatamente a questo fronte di aggressione: “Agenti stranieri e in certi Paesi terzi, in particolare la Russia e la Cina, hanno lanciato operazioni e campagne di disinformazione mirate nell’Unione e nei Paesi limitrofi e nel mondo”… I servizi della Commissione europea hanno registrato sul sito EUvsDisinfo oltre 550 interventi di disinformazione provenienti da fonti pro-Cremlino”.

Per reagire a queste azioni, pericolose per la democrazia, l’UE si propone di fare chiarezza sulla natura di questi interventi e gli interessi sottesi, di rafforzare l’informazione ai cittadini per contrastare i rischi che ne derivano, come nel caso della pandemia per consumatori che sono stati spinti ad acquistare prodotti troppo cari, inefficaci o potenzialmente pericolosi.

Alle piattaforme destinatarie di tali messaggi viene chiesto di fornire rapporti mensili sulle azioni previste per promuovere contenuti provenienti da fonti autorevoli, limitando quindi la disinformazione.

Tutto questo non dovrà far venir meno “la garanzia della libertà di espressione e del dibattito democratico pluralistico, elemento centrale della nostra reazione alla disinformazione…La crisi ha dimostrato il ruolo dei media liberi e indipendenti in quanto servizio essenziale, che dà ai cittadini informazioni affidabili e verificate e contribuisce così a salvare delle vite”.

Così anche la tragedia del Covid-19 può contribuire a un supplemento di attenzione alla salvaguardia della democrazia già messa sotto pressione da “fake news” ormai ricorrenti, una nuova forma di pericolosa divaricazione tra verità e politica, tale da alimentare populismi e demagoghi di cui non abbiamo proprio bisogno in una transizione delicata come quella che siamo chiamati a vivere.

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