Una politica internazionale tra logica e follia

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È evidente lo sconcerto di molti commentatori politici di fronte all’irruzione brutale di Donald Trump nel disordine mondiale esistente fino a portarlo verso un caos ingovernabile, foriero di mille pericoli per tutti, Stati Uniti compresi. Dev’essere anche quello che si pensa nelle Cancellerie dove la prima regola è spesso quella di non allarmare i cittadini, con il rischio anche di ingannarli sul loro futuro, sempre nella speranza che, in questo mondo impazzito, ce ne sia uno.

Per la verità, l’ondata di follia in provenienza da oltre Atlantico non rassicura nessuno, tanto meno se coniugata con una logica di potenza innestata su una continua esplosione di imprevedibilità, sommando alla provocazione permanente di sorpresa la formazione di minacce reali per la sopravvivenza dei più deboli e, alla fine, del pianeta intero.

È su questo scenario di fondo che si sono riuniti domenica a Londra i leader dell’”altro” Occidente, Canada e Turchia comprese, convinti che ci sia una logica nella apparente follia di Trump, come quella brutale manifestata venerdì scorso nello Studio ovale della Casa Bianca con l’aggressione al presidente ucraino Zelensky. Qualcosa che già devono aver percepito la settimana scorsa il presidente francese, Emmanuel Macron , e il premier britannico, Keir Starmer, nei loro rispettivi incontri con Trump, mentre stanno insieme lavorando a un’eventuale missione militare di una “coalizione di volenterosi “ a fianco dell’Ucraina per garantirne la sicurezza in caso di tregua.

Tenuto conto della complessità e dell’urgenza del tema è da apprezzare l’iniziativa del Regno Unito, tornato per l’occasione a varcare la Manica dopo la secessione di Brexit del 2020, in attesa di registrare le posizioni che in merito si manifesteranno giovedì a Bruxelles nel Consiglio europeo straordinario dei Capi di Stato e di governo, molti dei quali già si erano confrontati a Parigi.

Qualcuno proverà a dire che è giovedì la sede legittimata per decisioni comunitarie: non avrebbe torto se quella fosse davvero una sede “comunitaria” e non invece sempre più intergovernativa, con presenze che guardano con simpatia a Mosca, come Ungheria e Slovacchia, e altre che guardano troppo oltre Atlantico. Quanto basta e avanza a giustificare, nell’urgenza in cui siamo, l’iniziativa franco-britannica allargata a “chi ci sta”, senza per questo dimenticare anche il ruolo politico e gli interessi nazionali perseguiti dai due Paesi proponenti, non a caso le due sole potenze nucleari presenti anche, per quel che può contare, nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, in attesa dell’entrata in campo del nuovo governo tedesco.

A Londra è stata tenuta una porta aperta agli USA, prima per la ricerca condivisa di una via verso una pace duratura e poi per proteggere l’Ucraina dalla minaccia espansionista russa in direzione dell’Europa. Si è trattato di un “atto dovuto” verso quello che fu un alleato prezioso e resta un attore decisivo ancora in questo momento difficile ma, sembra di capire, senza ormai poterci troppo contare, visto il rovesciamento in corso delle alleanze e i valori e interessi poco convergenti tra le due sponde dell’Atlantico, tra loro sempre più distanti. Provare a ridurle è tentativo apprezzabile, negarne l’esistenza sarebbe un suicidio per l’Unione Europea.

È quindi prudente che l’Unione Europea si prepari ad affrontare i tempi difficili che si annunciano, senza perdere altro tempo prezioso. Avrebbe dovuto farlo già quando nel 2014 Putin si prese la Crimea e quando alla Casa Bianca arrivò Trump nel 2017. Vista l’urgenza si dovrà farlo, per cominciare, con i Paesi UE più forti e coraggiosi e con quelli più minacciati ai confini con la Russia.

L’Italia, che questi confini ha la fortuna di non condividerli, è chiamata a raggiungere i Paesi del primo gruppo se non vuole uscire dal nucleo duro che si sta formando in Europa, attorno al “Triangolo di Weimar” con il ritorno del Regno Unito per la costruzione di un “pilastro europeo della difesa” nella NATO, se questa sopravviverà.

Dopo le consultazioni tra governi UE e dintorni, prima a Parigi e domenica a Londra, dirà il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo che cosa aspettarci da questa Unione o da quella che verrà ad opera dei suoi nuovi “rifondatori”.

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