Ucraina, frontiera fra pace e guerra

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Si sta giocando, all’immediata frontiera orientale dell’Unione Europea, una partita fra diplomazia e dimostrazione di forza militare, fra pace e guerra. La tensione sale, in modo particolare, da alcune settimane a questa parte, nel corridoio che divide l’Unione Europea dalla Russia e che rappresenta uno dei punti più geopoliticamente sensibili dalla caduta dell’Unione Sovietica.

Si potrebbe semplificare dicendo che la partita è tra Russia e Occidente, ma, per quanto riguarda l’Occidente, composto da attori dai profili distinti, le cose sono alquanto complesse, sia all’interno  dell’Unione che all’interno della NATO stessa. 

In primo luogo è necessario sottolineare che solo 24 Paesi dell’Unione Europea sono anche Paesi membri della NATO e che l’interlocutore privilegiato della Russia in questa partita sono stati e sono tuttora gli Stati Uniti. Interlocutori, questi ultimi, sempre presenti sulla scena europea e attori di primo piano nella ricomposizione geopolitica del continente dopo la guerra fredda. Oggi, brutalmente parlando, si tratta di evitare una vera e propria guerra alle porte dell’Unione, con le conseguenze che si possono immaginare sull’intero scacchiere internazionale e in termini di costi umani.

Assente in quanto tale dal tavolo dei negoziati, l’Unione Europea è entrata tuttavia nella trattativa diplomatica attraverso alcuni suoi Stati membri, mettendo in particolare evidenza non solo divergenze di interessi e di approcci in cui i temi della sicurezza si incrociano con quelli della dipendenza energetica, ma anche tutta la necessità di una politica comune di difesa, in un’ottica di autonomia e complementarietà con la NATO. E’ tutta la grande sfida che questa lunga crisi in Ucraina proietta sull’immediato futuro dell’insieme dell’Unione.

Nel frattempo, Francia e Germania in particolare, parti del cosiddetto “formato Normandia” costituito nel 2014 insieme a Russia e Ucraina per risolvere la guerra nel Donbass, tengono aperto il dialogo con Putin con l’obiettivo di ridurre la pressione militare sull’Ucraina e allontanare lo spettro dell’invasione e della guerra. Un obiettivo minimo che non incontra tuttavia quello più strategico e a lungo termine del Cremlino, ossia quello di ottenere quelle “garanzie di sicurezza” provenienti, in particolare e per cominciare, da un allontanamento della NATO dalle frontiere della Russia. Un’esigenza inoltre che non permette di limitare la riflessione all’invasione o meno dell’Ucraina, ma richiama, a più lunga scadenza, alla necessità di una visione molto più complessa dell’insieme dell’architettura di sicurezza dell’Europa e del mondo intero.

La Germania, dal canto suo, reticente ad alzare toni e a imporre stringenti sanzioni, cerca, in una spola tra la Casa Bianca e il Cremlino, mediazioni condivisibili, attenta soprattutto a non mettere in pericolo quel suo lungo rapporto con Mosca, sul quale poggiano essenziali forniture di gas e, di conseguenza, dipendenze e ricatti, come dimostra la vicenda del gasdotto Nord stream 2. 

Nel frattempo il mondo si muove e si ricompone, tra interessi economici e commerciali, corse agli armamenti e a nuove tecnologie, con attori mondiali che si sfidano o si alleano e dove Russia, Cina e Stati Uniti si contendono costose egemonie. E dove purtroppo, in Europa, il prezzo della pace e del dialogo sembra aumentare ogni giorno di più.

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