Stop alle mutilazioni genitali femminili nell’UE

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Le mutilazioni genitali femminili costituiscono una violazione dei diritti umani fondamentali che deve essere bandita dall’UE, sostiene il Parlamento europeo che chiede agli Stati membri di perseguire e punire chi le pratica e di tutelare le vittime anche con meccanismi preventivi.
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità   (OMS), dai 100 ai 140 milioni di donne e bambine nel mondo hanno subìto mutilazioni genitali femminili (MGF) e, ogni anno, dai 2 ai 3 milioni di donne sono potenzialmente esposte al rischio di subire queste pratiche diffuse in almeno 28 Paesi africani, in alcuni Paesi asiatici e in Medio Oriente. In Europa vivono circa 500.000 donne che hanno subito mutilazioni sessuali, ma tali pratiche sono ancora attuate all’interno di alcune comunità   immigrate.
Secondo l’Europarlamento «non esiste alcuna ragione di carattere sociale, economico, etnico, sanitario o di altro tipo che possa giustificarle», mentre le motivazioni addotte da numerose comunità   a favore del mantenimento di queste pratiche tradizionali «non hanno alcuna giustificazione». L’UE e gli Stati membri sono quindi invitati a «perseguire, condannare e punire tali pratiche» e a introdurre nelle pertinenti direttive sull’immigrazione la previsione di reato per chi commette mutilazioni genitali, nonchà© a prevedere adeguate sanzioni contro chi le compie nell’UE.
Gli Stati membri dovrebbero anche elaborare orientamenti per gli operatori sanitari, gli educatori e gli assistenti sociali allo scopo di informare e istruire i padri e le madri «in merito agli enormi rischi che le MGF comportano e al fatto che tali pratiche sono un reato». Inoltre, i servizi di immigrazione dovrebbero comunicare già   al momento dell’arrivo nel Paese di accoglienza i motivi alla base del divieto di legge e delle conseguenze penali, precisando che si tratta una protezione giuridica nei confronti delle donne e delle bambine e non di «un’aggressione culturale».

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