Se nell’UE si confondono dazi e regole di civiltà 

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Nonostante che in questi ultimi tempi l’oceano Atlantico si sia molto allargato e gli scambi tra i due Occidenti siano sospesi al ricatto dei dazi, questo non impedisce che correnti tumultuose veicolino confusione e qualche complicità tra le due sponde.

Ne sa qualcosa l’uso improprio che della parola-chiave “dazio” qualcuno fa in Europa, in particolare nella “nazione” Italia, da parte di forze di governo impegnate ad alzare polveroni di propaganda destinate a truccare le carte nel confronto politico.

Come quando si chiama “dazio” il programma di transizione ecologica, il “green deal”, o il patto di stabilità o, ancora, le regole adottate di comune accordo per contenere gli abusi del mercato.

Del mercato c’è chi chiede di liberare gli “spiriti vitali”, nome gentile per evitare l’imbarazzo di quegli “spiriti animali” che nella storia dell’economia capitalista tanta parte hanno avuto per far prevalere il profitto su tutto il resto.

Culture politiche europee convergenti hanno costruito, all’uscita dalla rivoluzione industriale, un sistema di regole ereditato dalla tradizione cristiana, umanistica e rivoluzionaria, strutturatosi nelle nostre democrazie di ispirazione liberale nell’Unione Europea con una “economia sociale di mercato”, sancita dall’art. 3.3 del Trattato di Lisbona.

Questi valori sono a fondamento del processo di integrazione europea, ne orientano le politiche, contribuiscono alla regolazione del mercato, promuovendo le necessarie tutele sociali con l’obiettivo di costruire uno sviluppo sostenibile, rispettoso dello Stato di diritto e della convivenza civile.

I “dazi interni” che, secondo qualche sfascia-carrozze nostrano, l’Unione si sarebbe auto-inflitta, con il risultato di affondare la propria economia, non sono altro che “regole di civiltà” che ci siamo liberamente dati per domare gli “spiriti animali” di prepotenti che usano la forza e il ricatto per assicurarsi profitti e vantaggi, spettacolo vergognoso cui stiamo assistendo in questi giorni,

La “guerra dei dazi”, con la sua violenza, altro non è che l’espressione di una rivolta contro regole convenute, non solo nel commercio internazionale, ma anche nel rispetto della democrazia e della civiltà dei diritti.

Un nuovo fantasma, questa volta in carne ed ossa, si aggira nel mondo dal titolo “Prepotenti di tutto il mondo unitevi”, anche se già si sa come va a finire tra prepotenti che, dopo aver calpestato i deboli, difficilmente evitano di scontrarsi tra di loro.

Purtroppo il virus della prepotenza, di cui l’ insofferenza per le regole è uno dei primi sintomi, rischia di infettare anche l’Europa e i suoi governanti con diffuse patologie: dalla riduzione delle soglie di garanzia giuridica a protezione dei più deboli alla richiesta di deroghe alle tutele sociali nel mondo del lavoro; dalla disinvolta pratica dei condoni fiscali all’allentamento delle misure di protezione ambientale, mettendo tutto questo sistema di regole interne nel calderone dei dazi che ci sono imposti dall’esterno, minando la nostra civile convivenza. Tutto questo dimenticando che la libertà di cui ancora godiamo nell’Unione Europea, questo piccolo pezzo di mondo ancora al riparo da dittature e autocrazie, affonda le sue radici nel presidio di una regolazione costante della nostra vita in comunità.

Una ragione in più per mettere in guardia da chi semina confusione tra l’aggressione dei dazi in provenienza dall’esterno e i vincoli liberamente sottoscritti in casa nostra, con il rischio che di questa confusione l’Unione Europea ne diventi la prima vittima e i suoi cittadini con lei.

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