Due battaglie tengono col fiato sospeso l’Europa: quella cruenta e crudele in Ucraina e quella pacifica ma da brivido in Francia.
Della prima ci parlano da settimane le immagini quotidiane della televisione; della seconda, percepita più lontana nonostante la vicinanza geografica, ci raccontano i commentatori politici in questi giorni, in attesa del verdetto finale delle elezioni presidenziali francesi del prossimo 24 aprile.A far convergere le preoccupazioni di quanti temono per le sorti della democrazia è il futuro dell’Unione Europea, minacciata militarmente dalla Russia e dagli estremismi populisti che covano in seno all’UE, braci ancora non spente sotto la cenere.
Il risultato del primo turno del voto francese ha provocato nel campo democratico un sospiro di sollievo senza essere ancora del tutto rassicurante, quando si pensi che una buona metà degli elettori esprimono orientamenti anti-sistema e quasi un terzo aderiscono ad un’area di estrema destra, quella mascherata di Marine Le Pen e quella ostentata di Eric Zemmour. Per entrambi questi schieramenti è nemico tutto quello che non è franco-francese, dagli immigrati all’Unione Europea fino alla NATO.
Dall’altra parte risponde l’area centrista e moderata accreditata oggi di una fragile maggioranza, mentre la sinistra radicale con il 20% di consensi annuncia giorni complicati per chi sarà chiamato a governare, anche perché i giochi si chiariranno solo con il voto alle elezioni legislative di giugno.
Non è un brutto segnale che l’Unione Europea si trovi al centro di queste turbolenze, vuol dire che per molti resta un orizzonte di riferimento, anche per quanti la criticano volendola diversa.
Vale per la Francia che del percorso di integrazione europea è stata protagonista, anche quando l’ha ostacolata, e vale per l’Ucraina che bussa alla porta dell’Unione, candidandosi non senza problemi ad essere la nostra futura frontiera avanzata a est.
In Francia la bussola politica sembra ancora indicare l’Europa, resta da capire quale, in particolare chiarendo gli spazi dell’irrinunciabile e gelosa sovranità francese e quelli indispensabili ed urgenti della nuova “sovranità europea” invocata da Emmanuel Macron. La sua probabile vittoria finale al secondo turno è di buon auspicio per il futuro dell’Unione Europea se la seconda sovranità riuscirà a prevalere sulla prima, politica estera e di difesa comune compresa.
Certo Macron non sarà il solo in campo nell’Unione Europea: dovrà vedersela con un alleato come la Germania che proprio in materia di politica estera e difesa si sta riposizionando dopo l’inversione a U del neo-Cancelliere Olaf Scholz, con il recente straordinario incremento della spesa militare. Il motore franco-tedesco potrebbe tornare a girare per fare progredire l’Unione, anche se non con gli equilibri dei primi tempi della Comunità europea. Nella squadra che scenderà in campo un ruolo importante potrà essere quello di due giocatori mediterranei di seconda fascia come l’Italia e la Spagna, con la prima costantemente zavorrata dal peso della litigiosità e instabilità politica.
E non sarà senza importanza, dopo la vicenda ucraina, vedere come evolverà politicamente la “banda di Visegrad”, all’indomani della conferma al potere dell’ illiberale filo-russo ungherese, Viktor Orban, e la recente “conversione” della Polonia all’accoglienza dei profughi, anche se non sfugge la maggiore fiducia del suo governo nella Nato che non nell’Unione Europea.
Ancora una svolta si prospetta per l’Unione Europea: la prima cosa da capire non è tanto di sapere se sarà a destra o a sinistra, ma se avanti o indietro, tra una nuova Unione da inventare e una vecchia da sotterrare.