Qualche stella dietro le nuvole

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Sarà   perchà© s’avvicina il Natale, sarà   perchà© di brutte notizie non se ne puಠpiù, oppure sarà   perchà© uno scrittore ci invita a «non dire che le stelle sono morte soltanto perchà© il cielo si è rannuvolato», tutti motivi che inducono, almeno per una volta, a spigolare qualche buona notizia che spunta qua e là   tra le nuvole che pesano sull’Europa e sull’Italia.
Cominciamo dall’economia: pur non essendo particolarmente allegre le previsioni di Bruxelles per il nuovo anno, si registrano segnali di ripresa nella maggior parte dei Paesi, con la Germania partita al galoppo verso una crescita al 3,6% e con un fremito nuovo persino in Italia dove la crescita è prevista per il 2011 in aumento di un decimale (dall’1% all’1,1%) e dove resterebbe fermo per un momento anche il debito pubblico, sempre secondo le previsioni UE, che perಠprevedono anche un costante incremento dell’inflazione in aumento verso la soglia del 3% nel 2012, con inevitabili aumenti dei tassi di interesse. Come dire che se nei prossimi mesi l’Italia non ridurrà   in misura significativa il suo pesante debito pubblico, le toccherà   pagare un conto salato per gli interessi.
Sempre per la serie «buone notizie» non è da sottovalutare, in questo contesto, il fatto che siano appena stati collocati quattro miliardi di titoli pubblici italiani a fronte di una domanda almeno doppia.
Sul versante sociale resta pesante la situazione occupazionale con numeri talvolta calmierati dai criteri non sempre innocenti della statistica: se stiamo a quella ufficiale dell’Istat, il livello sarebbe più o meno inalterato, anche se altri calcoli parlano di un forte incremento che porterebbe la disoccupazione al di sopra dell’11%. Intanto perಠrassicura che, nell’ultimo mese, sia leggermente scesa l’utilizzazione della Cassa integrazione, ma qualche preoccupazione deve esserci se l’ultima finanziaria, detta fiduciosamente anche «Legge di stabilità  », destina ancora agli ammortizzatori sociali 850 milioni di euro per il 2011.
Qualche buona notizia filtra persino dal mondo malmenato della scuola. àˆ stato da poco pubblicato il rapporto 2009 relativo al Program for International Student Assessment PISA, realizzato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (Ocse), un test internazionale che classifica le performance dei sistemi scolastici e che in passato non ha risparmiato brutte figure per la scuola italiana.
Questa volta è andata meglio: l’Italia è risalita di qualche punto e avrebbe guadagnato qualche posizione in più se non fosse zavorrata dalla scuola privata, dove la qualità   si rivela complessivamente inferiore a quella della scuola pubblica.
Fa parte delle buone notizie anche il fatto che si riduca il divario di qualità   nella scuola tra Nord e Sud, tra aree metropolitane e rurali, segno che molta parte della qualità   è da attribuire all’impegno e alla motivazione dei docenti, cosa che sembra sfuggire al nostro ministero. I buoni risultati poi non sembrano essere estranei ad una cultura della valutazione e del confronto, segnali che arrivano in particolare dal Sud, dove incassa buoni risultati la Puglia.
Sa di miracolo – e difatti c’è chi non ci crede e vuole vedere le carte – anche il recente successo delle Ferrovie dello Stato italiane in una gara che ha visto l’Italia spuntarla su agguerriti concorrenti francesi e vincerla nella «mitica» Germania alla quale adesso tutti vorrebbero assomigliare, anche se Giulio Tremonti ha avuto il fegato di dichiarare che già   siamo praticamente come loro. Viene in mente la storia di quelli che riescono a vendere frigoriferi agli esquimesi, ma forse noi italiani “siamo di quella razza lì”, capaci di saltare fuori dove meno ci aspettano. Speriamo.
C’è anche chi, più audace di noi, ha accomunato l’impresa delle FS con la vicenda Fiat-Chrysler, azienda americana «salvata» da Sergio Marchionne. Come auspicio ci puಠstare, anche se sarebbe più prudente aspettare di vedere se si salverà   anche la Fiat da noi.
Certo vi sono anche altre notizie meno buone, ma qualcuna di queste potrebbe anche essere letta in controluce e nascondere qualche goccia di speranza. Come nella vicenda in corso dell’esclusione della lingua italiana dalle procedure di registrazione dei brevetti nell’Unione Europea, dove sono state selezionale soltanto l’inglese, il francese e il tedesco con vibranti proteste del nostro governo. Un’operazione che ha fatto addirittura ricorso a un’arma francamente eccessiva, come quella della cooperazione rafforzata, inventata dai Trattati per far progredire l’UE, lasciando indietro i Paesi che non sono d’accordo o che non sono in grado di seguire i primi della classe.
A prima vista, uno schiaffo all’Italia che manda a dire senza tanti complimenti quanto poco pesi ormai il nostro Paese a Bruxelles, ma anche portatrice di una speranza: che dalle nostre parti si smetta di condurre battaglie di retroguardia per imporre il piemontese, dialetto o lingua che dir si voglia, senza contemporaneamente un più grande impegno per far crescere largamente tra i nostri giovani la conoscenza di almeno una lingua straniera, utile per vivere e lavorare in Europa e nel mondo.
Ci sembra venire prima questa esigenza, che non impedisce la salvaguardia della nostra memoria e delle nostre culture locali grazie anche alla conoscenza del piemontese. Senza illudersi perಠche questo giusto sguardo all’indietro possa essere decisivo per andare avanti in un mondo infinitamente più complesso di quello, provvisoriamente più rassicurante, di queste nostre terre, dove intanto si stanno già   moltiplicando le molte altre lingue di chi da noi viene a lavorare e vivere.
Perchà© il mondo cambia e non lo ferma nà© la paura nà© la nostalgia.

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