Putin senza tregua e senza limiti ai comandi della Russia

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Tra il 15 e il 17 marzo scorso erano circa 112 milioni i russi chiamati alle urne per “confermare” il Presidente chiamato a guidare il loro Paese per i prossimi 6 o 12 anni. Un Presidente già al potere da un quarto di secolo, praticamente senza opposizione e senza rivali, perché da anni messi brutalmente a tacere con la paura o il ricatto. Senza dimenticare che si tratta di un Presidente la cui legittimità è stata iscritta in una modifica della Costituzione volta a non interrompere e a garantire la continuità del potere presidenziale il più a lungo possibile.

E’ stata chiamata alla partecipazione elettorale anche la popolazione dei territori dell’Ucraina oggi occupati dalla Russia : Repubblica di Crimea e città di Sebastopoli, nonché alcune parti del Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhya e nelle regioni di Kherson. Elezioni considerate illegali dall’Occidente e dall’Unione Europea in particolare, che ha richiamato l’attenzione “sull’ennesima violazione, da parte della Russia, del diritto internazionale, della Carta delle Nazioni Unite e dell’indipendenza, sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina.” Al riguardo, Putin, nel festeggiare la sua vittoria elettorale, ha ricordato a tutti il decimo anniversario dell’annessione della Crimea alla Russia.

Le cifre uscite da questo scrutinio, al di là della scontata riconferma di Putin Presidente per la quinta volta, offrono tuttavia altre due chiavi interpretative di peso: l’affluenza alle urne di circa il 73% della popolazione e i voti espressi a favore di Putin che superano l’83%.

Sono percentuali che, in una Russia ridotta al silenzio, permetteranno tuttavia al Presidente di immaginare, di misurare e di dimostrare tutto il sostegno alla sua leadership e alla sua decisione di muovere guerra all’Ucraina ricevuti dalla stragrande maggioranza della popolazione russa. Al riguardo, infatti, le cifre suonano come un plebiscito per Putin e interrogano sul modo spietato dell’esercizio del suo potere e sulla capacità avuta, in tutti questi anni, di rafforzare tale potere e di ergersi ad unico garante della sicurezza e del futuro del Paese. Un futuro, d’altra parte, che lo stesso Putin non è stato in grado di delineare, soprattutto nei confronti delle giovani generazioni, ormai lontane da quel ricordo di grandezza imperiale o di antico patriottismo che affascina e coinvolge ancora le generazioni più mature.

In questo contesto, intriso, ai nostri occhi, di narrazioni visionarie, sorgono quindi importanti quesiti sul futuro politico della Russia e sulla determinazione di Putin a raggiungere i suoi obiettivi di guerra :  su quali elementi, infatti, l’Occidente e l’Europa in particolare, potranno basarsi per costruire una necessaria strategia diplomatica che affianchi l’attuale sostegno militare all’Ucraina e tracci una giusta e condivisa prospettiva di pace?

Malgrado il plebiscito a Putin, si percepisce tuttavia quanto serpeggi invece nella società civile il desiderio di esprimere dissidio, un desiderio tenuto a bada dalla paura di un regime intollerante nei confronti di qualsiasi tentativo di opposizione. Non sono sfuggite a nessuno, infatti, le lunghe e sommesse code di cittadini che hanno sfidato il potere per portare un saluto a Navalny, ultima vittima dissidente sul percorso elettorale di Putin. 

Si è chiuso così il sipario su queste elezioni russe, mentre sulla scena globale e al di là dell’Atlantico, si stanno preparando altre elezioni di inquietante prospettiva e che non mancheranno di disegnare nuove relazioni e nuove incognite politiche fra la Russia, l’Occidente e l’Europa in particolare. Con la consapevolezza che in gioco c’è ancora e sempre la ricerca di una difficile pace in Ucraina.

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