Parlamento europeo, da presidiare con coerenza e serietà

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Il Parlamento europeo ha conosciuto un’evoluzione importante nei suoi già molti decenni di vita da quando, nato con il nome di “Assemblea parlamentare europea” nel 1958, con il Trattato di Roma, diventò nel 1962 “Parlamento europeo”, approdando nel 1979 alle prime elezioni a suffragio universale diretto. 

In quel torno di tempo molte cose cambiarono per l’allora Comunità europea che affrontava nel 1973 il primo allargamento a nord e rafforzava le sue Istituzioni. Una transizione importante per l’esercizio della democrazia tra gli Stati aderenti all’UE: fino al 1979 i parlamentari europei erano designati tra i parlamentari nazionali esercitando un doppio mandato, una sovrapposizione che, se da una parte garantiva un collegamento con le Assemblee nazionali, dall’altra riduceva fortemente la capacità del ruolo del Parlamento di Strasburgo nella Comunità europea, indebolendo insieme le rappresentanze nazionali e la formazione di gruppi politici europei.

Dal 1979 si registra per il Parlamento europeo una nuova ripartenza grazie al rafforzamento della sua legittimità e si avvia una forte progressione del suo potere nel “triangolo istituzionale europeo”, nel quale resta alla Commissione il potere di iniziativa e di proposta, ma il potere decisionale viene condiviso tra il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri dei governi nazionali, dando vita a un sistema bi-camerale, con il Parlamento come Camera dei popoli e il Consiglio come una sorta di Senato degli Stati membri.

Diventato così co-legislatore, il Parlamento europeo ha acquisito un nuovo ruolo, attirando un personale politico più qualificato che in passato e alimentando nuove ambizioni tra i partiti. Si colloca in questo contesto il dibattito in corso in Italia sulla guida delle liste per le elezioni europee e sull’opportunità di un impegno diretto da parte dei leader dei partiti, con la certezza che in caso di loro probabile vittoria rinunceranno al Parlamento di Strasburgo per non abbandonare l’arena parlamentare nazionale, ritenuta di prevalente interesse politico, ma abbandonando così l’impegno peso con gli elettori. 

Di qui anche la denuncia di un “finto esercizio democratico”, usato solo per misurare il consenso nazionale senza rispettare gli impegni teoricamente presi con gli elettori, inganno tanto più grave se questo avvenisse con una presenza nelle liste in tutti e cinque i collegi elettorali italiani per le elezioni UE.

Con una conseguenza ulteriore: quella di mandare un messaggio di “declassamento” del ruolo del Parlamento europeo, un atteggiamento tutto sommato coerente da parte di chi vuole indebolire l’Unione, ma insopportabile da parte di chi dice di volerla rafforzare e poi preferisce  non investirvi il proprio impegno politico.

Per chi crede nella necessità e urgenza di rifondare l’Unione e le sue Istituzioni democratiche si tratta di un gioco pericoloso che genera confusione negli elettori, col rischio di ridurre ulteriormente la partecipazione al voto, indebolendo il ruolo di un Parlamento che, ad oggi, è la sola Istituzione che gode di una legittimità diretta, base indispensabile per rilanciare il progetto di integrazione europea. E questo tanto più in una stagione della storia del mondo in preda a molteplici turbolenze, tutte di forte impatto sul futuro dell’Europa, della nostra vita e di quella delle generazioni future, alle quali dobbiamo almeno almeno un contributo di serietà e di coerenza politica. 

Che è anche un contributo a salvare quello che ci resta della nostra democrazia minacciata, in attesa di ridarle forza e futuro.

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