Papa Francesco in Egitto

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Papa Francesco si è recato il 28 e 29 aprile in viaggio apostolico in Egitto. Non era un viaggio facile, soprattutto dopo gli ultimi attentati terroristici contro i cristiani copti, perpetrati la domenica delle Palme e che hanno causato una cinquantina di vittime.

In un contesto di evidenti tensioni politiche e religiose, gli incontri del Pontefice hanno avuto una forte valenza simbolica e i suoi discorsi sono stati carichi di intensi messaggi. Oltre all’incontro con il patriarca copto Tawadros II, con il Presidente Al-Sissi e le autorità egiziane, il Papa si è anche recato nella grande Università sunnita Al-Azhar, dove era in corso una Conferenza internazionale sulla pace.

L’Egitto è indubbiamente un Paese che conta nel contesto geopolitico mediorientale, non solo per la sua importanza geografica e demografica, ma anche per la sua storia, passata e recente e per la presenza cristiana di circa 9 milioni di fedeli. Ed è proprio in quel Paese, le cui relazioni diplomatiche con la Santa Sede risalgono a settant’anni fa, che Francesco ha voluto recarsi per dare concretezza a quella sua visione di un dialogo interreligioso, di ricerca della pace e di lotta alla violenza e al terrorismo. Lo ha detto con fermezza nell’incontro con il Presidente egiziano, lo ha ribadito davanti ai membri del Governo e del Parlamento, davanti al Grande Imam d’Al-Azhar, iniziando i suoi interventi con un significativo “Al Salamò Alaikum” e ricordando le responsabilità di tutti, attori politici e religiosi, nella costruzione di una società che rifiuti ogni ideologia del male, della violenza e del rifiuto del diverso.

All’Università Al-Azhar dove, non a caso, si teneva proprio negli stessi giorni la Conferenza internazionale per la pace, la presenza e l’intervento di papa Francesco hanno segnato uno dei momenti più significativi del suo viaggio apostolico. Organizzata dal Grande Imam dell’Università Al-Azhar, le parole del pontefice hanno fortemente condannato la legittimazione della violenza da parte della religione: “Nessuna violenza può essere perpetrata in nome di Dio (…), ripetiamo un “no” forte e chiaro ad ogni forma di violenza, vendetta e odio commessi in nome della religione e in nome di Dio. Insieme affermiamo l’incompatibilità tra violenza e fede, tra credere e odiare (…)”.

Sono parole che giungono in un momento in cui, proprio a partire da quella Università e dal Grande Imam, sembrano progredire gli sforzi del mondo islamico nella stessa ricerca di un dialogo interreligioso e che quindi non si riconosce nell’estremismo e nel fondamentalismo.

In questa prospettiva, va soprattutto ricordato qui il Convegno organizzato all’inizio di marzo, sempre dall’Università Al-Azhar e dal Consiglio dei saggi musulmani, su “libertà, cittadinanza, diversità e integrazione” al termine del quale è stata adottata la “Dichiarazione di reciproca coesistenza islamo-cristiana”, sottoscritta da oltre 600 delegati (politici, accademici, leader religiosi cristiani e musulmani) provenienti da 50 Paesi.

La Dichiarazione è di grande importanza, perché oltre a condannare l’uso della violenza in nome della religione, pone nel principio di cittadinanza e nello Stato di diritto il criterio principale per garantire la pacifica convivenza tra persone di fedi religiose diverse.

Non c’è dubbio che il viaggio di pace di Papa Francesco in Egitto sia stato difficile, ma anche portatore di tante speranze, a partire da quella che un giorno sarà solo il dialogo e il rispetto a garantire il futuro della convivenza civile e religiosa degli uomini.

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