Nuova fiscalità e nuova Europa

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A qualcuno l’Unione Europea va bene così com’è. Ai Paesi “frugal-rigoristi” del nord (Svezia, Danimarca, Olanda e Austria) per non esagerare con la solidarietà; per quelli di “Visegrad” (Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica ceca) per poter continuare a minarne la democrazia e, per molti altri, per non scontentare elettorati timorosi del cambiamento e affezionati alla “normalità di prima”.

E’ da questa tendenza alla “conservazione dell’esistente” che deve guardarsi l’Unione Europea se vuole avere un futuro di sviluppo invece di declinare inarrestabilmente verso il tramonto di uno straordinario progetto politico di pacifica unificazione continentale e verso l’irrilevanza sulla scena mondiale.

Sull’occasione di cambiare l’UE dopo il Covid-19 di parole se ne sono sprecate molte. Adesso viene l’ora di provare a capire come cambiare, a partire dalla recente proposta della Commissione europea di un imponente piano di rilancio dell’economia comunitaria che attende nelle prossime settimane una decisione del Consiglio europeo da condividere con il Parlamento.

A ben guardare una prima direzione del cambiamento lo suggerisce proprio la natura di questa proposta, più che non l’entità delle risorse finanziarie sollecitate. Certamente l’opposizione dei Paesi “frugal-rigoristi” – cui, per fare buon peso, non è un caso si sia aggiunto il premier ungherese Viktor Orban – ha come argomento più facilmente spendibile quei 750 miliardi di euro che, addizionati ai 1100 richiesti per il bilancio 2021-2027 e ai 540 già deliberati tra Meccanismo europeo di stabilità (MES), sostegno alle Casse integrazioni europee (SURE) e finanziamenti agevolati della Banca europea per gli investimenti (BEI), con un totale di spesa pluriennale di circa 2400 miliardi. Non di pochi spiccioli si tratta, ma nemmeno di un’enormità per la “ricca” Unione, poco più del 2% del suo Prodotto interno lordo a fronte di percentuali ben più pesanti quanto a prospettive di recessione.

Ma il vero bersaglio di questi Paesi potrebbe essere un altro e risiede nella natura di queste risorse da reperire con strumenti diversi da quelli tradizionali e in entrate provenienti direttamente da una fiscalità europea, aggiuntive rispetto al “normale” bilancio comunitario. I primi,  perché i 750 miliardi provengono dall’accensione di un debito europeo, garantito solidalmente da tutti i 27 Paesi, a vantaggio dei Paesi in difficoltà e senza vantaggi immediati per gli altri, e le seconde perché introducono novità fiscali di grande rilievo istituzionale e politico.

E tutto fa pensare che si collochi qui il focolaio della resistenza, nella nuova fiscalità chiamata a rifondare la solidarietà europea, integrata a livello comunitario, passo importante verso una sovranità europea condivisa. Questo infatti si prospetterebbe se il bilancio UE, oggi alimentato per due terzi dai sovrani nazionali, fosse dotato di crescenti  “risorse proprie” reperite direttamente dall’Autorità comunitaria: operazione alla quale parteciperebbe anche il Parlamento europeo, oggi corresponsabile con i governi nazionali, riuniti nel Consiglio dei ministri, soltanto delle decisioni di spesa, ma senza competenza sulle entrate.

Un cambiamento che ne trascina inevitabilmente un altro, secondo il principio delle democrazie liberali: “nessuna tassa senza rappresentanza” che accrescerebbe la responsabilità e il potere del Parlamento europeo, con la prospettiva di rafforzare la democrazia comunitaria e con essa coesione e dinamiche di uguaglianza nelle politiche della futura Unione.

Un traguardo tutto in salita: vi resisteranno gli oppositori alla solidarietà europea e verranno loro in aiuto, se appena coerenti, i sovranisti nostrani aiutati nell’ombra dai sovrani nazionali di ogni colore politico che, come ricordava Altiero Spinelli, non avendo vocazione al suicidio, tutto faranno per non cedere altro potere a un’Autorità federale meglio attrezzata per  assicurare eque politiche di sviluppo per tutti. 

1 COMMENTO

  1. Caro Franco,
    grazie per queste riflessioni-studio che permettono di comprendere il comlesso vitale meccanismo europeo.
    Credo sia importante sentirsi impegnati a fronte di malattie congenite come i “sovranismi” da un lato e nuovi virus come le “false notizie” dall’alto.
    Certo non si è mai sufficientemente pronti, ma già aiutarci con una coscienza condivisa è un grande passo in avanti per superare le perverse tendenze sovraniste e populiste che radicano nell’innato spirito egocentrico di conservazione di singoli e di popoli.
    Le “false notizie” non sono da meno deleterie, anzi, vorrebbero dall’esterno modificare impropriamente lo stato della collettività a vataggio di diverse supremazie.
    Certo la latta appare difficile ma non impossibile ad essere vinta perché la buona volontà di molti alla fine e nella continuità avrà il soppravvento!
    Cordiali saluti e buona continuazione.

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