Non solo soldi dall’Unione Europea

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La drammaticità della crisi economica che stiamo vivendo e l’impatto sociale – e probabilmente anche politico – per il futuro dell’Italia e dell’Europa hanno spinto a concentrare l’attenzione sulle risorse finanziarie necessarie per superare un shock simmetrico, che colpisce tutti, ma con dimensioni asimmetriche, riversando in misura diversa le conseguenze della crisi sui Paesi UE.

Un quadro questo che va ad innestarsi su una mappa dell’Unione Europea già molto frammentata prima della pandemia e che da questa rischia di essere portata a un punto di rottura tale da mettere in pericolo il futuro del progetto europeo, il consenso sociale che lo ha sostenuto, il compromesso politico che lo ha tenuto in vita e l’assetto istituzionale in affanno a rispondere a una sfida inedita.

I sondaggi ci allertano sulla caduta di consenso all’UE verso la quale viene meno la fiducia per una presunta sua incapacità di dare risposte rapide ed efficaci ai molti fronti di crisi, da quello sanitario a quello finanziario-economico, spesso ignorando i reali poteri e risorse di cui dispongono le istituzioni comunitarie. Con qualche segnale di inversione di tendenza come, nel caso dell’Italia, per il prevalente apprezzamento del compromesso raggiunto nell’ultimo Consiglio europeo.

Inevitabilmente la violenza improvvisa della crisi, esplosa in un’Europa uscita ferita, o appena convalescente, da un decennio di pesante crisi economica trova nel Consiglio europeo, diviso non solo per i diversi colori politici ma anche per divergenti interessi nazionali, o almeno di quelli a breve termine, particolarmente influenti su incombenti verifiche elettorali. Il tutto in un clima politico fortemente segnato dall’accanimento di movimenti nazional-populisti, particolarmente aggressivi contro il processo di integrazione europea.

In tale contesto le Istituzioni UE sono ad un tempo sollecitate a prendere iniziative e in difficoltà a promuovere rapidamente il consenso necessario per interventi di dimensioni del tutto inedite, dovendo operare nei limiti spesso molto angusti loro imposti dai Trattati. Nonostante questo sarebbe improprio negare la novità degli interventi recenti, non solo della Banca centrale europea (BCE), che sta proseguendo sulla strada imboccata da Draghi, o del Parlamento europeo che mantiene la pressione per una maggiore solidarietà, quanto piuttosto della Commissione europea più determinata nella sua azione e meno contrastata che in passato dai governi nazionali, come nel caso del nuovo Meccanismo europeo di stabilità (MES) a condizionalità minime,  consapevoli di essere tutti sulla stessa barca e a cercare insieme la salvezza.

Da queste novità hanno preso forma la sospensione del Patto di stabilità e le deroghe alla disciplina degli aiuti di Stato, la rapida disponibilità delle residue risorse del bilancio 2014-2020, il programma “Sure” di sostegno alla cassa integrazione europea, affiancato da una forte dotazione di finanziamento alle imprese da parte della Banca europea per gli investimenti (BEI) e il progetto, in corso di elaborazione, di un “Piano per la ripresa” da innestare sul bilancio 2021-2027, raddoppiato fino a una dotazione auspicata di 2000 miliardi di euro.

Tanti soldi verrebbe da dire, aggiungendo subito che si tratta in massima parte di prestiti da rimborsare e per i quali il “valore aggiunto di solidarietà” sta nella loro garanzia europea, con tassi di interessi ridotti, e in tempi di rientro molto dilazionati. 

Ma forse è anche più importante che queste misure abbiano il loro perno nella Commissione europea e che a quest’ultima si preveda di affidarne la gestione, sottraendola per quanto possibile agli egoismi nazionali. Con la conseguenza di riaffermare la dimensione comunitaria delle politiche europee, riequilibrare i rapporti tra le Istituzioni e aprire nuove prospettive per future indispensabili competenze dell’Unione europea, prima tra queste una competenza fiscale coordinata, cui ha fatto un cenno non banale, Angela Merkel, nel recente Consiglio europeo. Se questo si verificasse, e se la Germania ne accompagnasse lo sviluppo, allora la crisi non sarà servita solo a liberare tante risorse finanziarie, ma più ancora a liberare l’UE dalle sue derive intergovernative che la stavano lentamente asfissiando e a spingerla in “avanti”, come auspicato anche da papa Francesco.

2 COMMENTI

  1. Buongiorno Franco.
    La convegenza nella Commissione Europea dele “grandi competenze” come il fisco è indubbiamente un passo determinante per avviarci ad una confederazione capace di stabilità economico-politica.
    Penso che lo sforzo maggiore che dovrebbe impegnare tutte le forze politiche, sia quello di coltivare accuratamente ogni minimo segnale di attenzione verso possibili passi in avanti. Atteggiamento o presa di posizione che dorebbe essere preso nei confronti di tutte le tematiche importanti per la crescita dell’Unione, quali: la cultura (scuola), un sistema di difesa che vorrei definire “di protezione solidale”, il sistema sanitario e cosi via. Tutte componenti indispensabili che andrebbero atribuite alle diverse istituziopni unitarie asseconda delle specifice competenze.
    Certo che la complessità della formazione delle istituzioni europee non è facile da integrare.
    Augurando buona festa del lavoro invio cordiali saluti.

  2. Vero che il compito nostro è di aiutare a leggere quanto fa l’UE nei 3 organismi diversi,ma anche quanto può e potrebbe fare con le deleghe che le vengono accordate dai governi.Sono in troppi ad “abbaiare alla luna” senza guardare la realtà;i tempi duri possono sempre avere 2 risltati:quelli positivi avvengono solo se si lavora a costruirli ,ma ci vogliono impegni continuativi,come state facendo a Cuneo.

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