Multilinguismo: valore aggiunto per gli europei

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Iniziativa cara alla presidenza slovena dell’UE, il 15 febbraio si è tenuta a Bruxelles una Conferenza ministeriale sul tema «Promuovere il multilinguismo: un impegno condiviso». Sotto la presidenza congiunta del ministro sloveno all’Educazione, Milan Zver, e del commissario al multilinguismo, Leonard Orban, i rappresentanti dei 27 Stati membri dell’UE si sono confrontati sulle possibilità   di azione a livello nazionale e comunitario a sostegno del multilinguismo.
Quando si parla di multilinguismo, si puಠfare riferimento a due aspetti della realtà   europea: innanzitutto, alla coesistenza sul nostro continente di una molteplicità   di lingue diverse. Una varietà   accettata e promossa dall’Unione europea, che ha scelto di avere 23 lingue ufficiali, nel rispetto dei princìpi di democraticità   e di trasparenza. Del resto, nella sua storia di integrazione, l’Europa ha sempre fatto della propria eterogeneità   un punto di forza: il suo motto è infatti «unita nella diversità  » e il rispetto della diversità   linguistica, al pari di quella culturale e religiosa, è iscritto nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
Anche se le lingue «di lavoro» della Commissione sono in realtà   il francese, il tedesco e, soprattutto, l’inglese, la scelta del multilinguismo come politica istituzionale implica che il cittadino europeo deve poter aver accesso ai documenti dell’UE nella lingua ufficiale del proprio Stato. Secondo due Rapporti commissionati dal Parlamento europeo all’eurodeputato finlandese Alex Stubb, le varie istituzioni europee nel 2006 hanno speso 810 milioni di euro per le traduzioni e 180 per l’interpretariato, per un totale di 990 milioni, che rappresenta meno dell’1% del budget europeo (che a sua volta ammonta a circa l’1% del PIL europeo): «Non è un prezzo così alto da pagare – conclude il Rapporto – per avere un sistema democratico ed efficiente».
Ma il multilinguismo territoriale europeo va al di là   delle lingue ufficiali: l’UE tutela anche, attraverso politiche e attività   di sostegno, le oltre 60 lingue regionali e minoritarie parlate sul proprio suolo.
Un secondo significato del termine multilinguismo è la capacità   di una persona di parlare varie lingue, muovendosi agevolmente dall’una all’altra. Anche questo puಠessere un punto di forza dell’Europa: i cittadini europei che padroneggiano più lingue possono sfruttare al meglio le opportunità   lavorative, sociali e culturali offerte dal mercato unico, che diviene così uno spazio pienamente integrato; il multilinguismo, stimolando la mobilità  , è quindi un fattore di integrazione che facilita la creazione di una società   europea, coerentemente con la visione dei «padri fondatori», per cui l’integrazione economica era inscritta in un più ampio progetto politico di ravvicinamento dei popoli europei, storicamente da sempre contrapposti: «Costruire l’Europa – diceva Jean Monnet – non è coalizzare delle nazioni, ma unire degli uomini». Da un punto di vista macroeconomico, inoltre, un mercato del lavoro integrato non puಠche contribuire ad abbattere la disoccupazione e a sostenere la domanda, con effetti positivi sulla crescita economica. Infine, per le imprese europee, il multilinguismo costituisce sicuramente un vantaggio competitivo, tanto sul mercato interno quanto su quello globale.
Credendo nel valore aggiunto del multilinguismo, l’UE ha deciso di promuovere l’apprendimento delle lingue europee, puntando in primo luogo sui più giovani, ma senza escludere gli adulti: nel 2002, al Consiglio europeo di Barcellona, gli Stati membri hanno fissato l’obiettivo «lingua madre + 2», impegnandosi a garantire progressivamente l’insegnamento di due lingue straniere sin dai primi anni di formazione del bambino. Inoltre, anche nell’ambito linguistico l’UE promuove una politica di formazione permanente (life-long learning) rivolta a: lavoratori specializzati, professionisti e in genere persone per cui l’assenza di una formazione linguistica costituisce un ostacolo alla progressione in carriera; pensionati e anziani che aspirano a trasferirsi in un altro Paese europeo per ragioni non professionali; persone espulse dal mercato del lavoro in ragione della scarsa formazione, anche linguistica.
L’obiettivo del multilinguismo è molto ambizioso: infatti, secondo lo speciale di Eurobarometro pubblicato nel febbraio 2006, «Europeans and their languages», il 44% dei cittadini europei parla solo la propria lingua e solo il 18% dichiara di aver dedicato del tempo all’apprendimento di una lingua straniera negli ultimi dodici mesi, anche se una percentuale maggiore si ripromette di farlo nell’anno a venire e l’83% del campione ritiene che conoscere una lingua europea sarebbe personalmente utile o molto utile. La situazione inoltre è molto eterogenea sul territorio europeo: le percentuali di chi parla una lingua straniera, comprensibilmente, sono più alte fra gli abitanti dei piccoli Stati (92% in Lussemburgo, 75% nei Paesi Bassi, 71% in Slovenia) e più basse fra gli abitanti dei Paesi anglofoni (34% in Irlanda, 38% nel Regno Unito); meno spiegabile il 41% italiano, terzultimo Paese nella classifica europea della conoscenza delle lingue.
Soprattutto, malgrado il multilinguismo cominci a farsi strada nella società   europea, la mancanza di competenze linguistiche riflette spesso delle disparità   sociali: «L’Europa multilingue – sostiene il Rapporto di Eurobarometro – è tendenzialmente giovane, istruita o ancora nel percorso formativo, motivata all’apprendimento delle lingue dall’ambiente professionale».
Nella Conferenza ministeriale tenutasi a Bruxelles, il commissario Orban ha insistito proprio sul fatto che la nuova frontiera è l’abbattimento del «divario linguistico» che, per analogia con il «divario digitale», divide i cittadini europei fra coloro che possono accedere ai vantaggi della globalizzazione e dello spazio europeo e coloro che ne restano esclusi. La nuova sfida nella promozione del multilinguismo, hanno concordato i ministri europei, è il potenziamento dell’educazione permanente rivolta a tutti e in particolar modo ai più svantaggiati.

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