Mezzogiorno di fuoco, in Europa è arrivato lo sceriffo

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In un vecchio film western dei primi anni ‘50, “Mezzogiorno di fuoco” con protagonista Gary Cooper, si racconta di uno sceriffo che scende in campo per mettere fine alle prepotenze di una banda di pericolosi fuorilegge. Superfluo dire che, dopo alterne vicende, lo sceriffo vince. 

Quel film torna in mente adesso, dopo il clamoroso intervento del vice-sceriffo e vice-presidente USA, J. D. Vance a Monaco, con trama rovesciata, come spesso accade in un film-parodia nel quale è fuorilegge il vice-sceriffo e il suo mandante Donald Trump, eredi dell’assalto al Campidoglio a Washington nel 2021, per i quali la democrazia è in crisi in Europa e non negli Stati Uniti.

Quanto capitato la settimana scorsa a Monaco, nel corso della Conferenza sulla sicurezza, merita qualche riflessione, ricordando la resa di Francia e Regno Unito alla Germania nazista a Monaco nel 1938, quando per fermare Hitler gli si consegnò la regione dei Sudeti, aprendogli la strada per scatenare la Seconda guerra mondiale. 

Per cogliere tutta la gravità di quella resa di allora, con riferimento oggi a Putin, basta rileggere l’intervento di Mattarella a Marsiglia, magistrale lezione di politica internazionale per il futuro dell’Europa, rafforzata martedì scorso in Montenegro.

A Monaco la settimana scorsa non è stato un bello spettacolo, ma finalmente a qualcosa è servito a qualcuno in un’Europa, accusata da Vance di reprimere la libertà di espressione (da che pulpito…), invadendo con stivali e speroni la vita politica europea e incoraggiando in particolare l’estrema destra tedesca a farsi carico del futuro della Germania nelle imminenti elezioni.

A muoversi, con un’iniziativa fuori dagli schemi istituzionali abituali, è stato il presidente francese, Emmanuel Macron, invitando a Parigi per un Vertice informale urgente alcuni selezionati leader dei principali Paesi UE impegnati nel sostegno all’Ucraina, per difenderla in vista di una pace giusta, che non sembra ad oggi coincidere con la “pax americana”. 

Nucleo iniziale di questa “coalizione di volenterosi” con la Francia, unica potenza nucleare nell’UE, è stata invitata la Germania, riluttante in questa vigilia elettorale ma importante per la sua forza economica e finanziaria, la Polonia particolarmente esposta per i suoi confini, la Spagna politicamente più dinamica, la Danimarca sotto pressione da Trump per le sue mire sulla Groenlandia e in rappresentanza dei Paesi nordici, l’Olanda da cui proviene il Segretario generale della NATO, presente all’incontro, e l’Italia, Paese oscillante tra il sostegno all’Ucraina e il rischio di “vassallaggio” alla corte di Trump, occasione per valutarnevalutarne l’affidabilità in alleanze future.

Non stupisce l’imbarazzo del governo italiano, diviso sul tema al proprio interno, né la comprensibile irritazione dei Paesi esclusi, che avrebbero preferito – come l’Italia – un Vertice istituzionale a 27, cui hanno rinunciato il presidente del Consiglio europeo e la stessa Ursula von der Leyen, entrambi però presenti a Parigi, per il timore – se non la certezza – di dare in un Consiglio europeo ufficiale un’ulteriore prova di divisione interna.

L’iniziativa francese rieccheggia anche l’allarme di Mario Draghi, ripetuto martedì al Parlamento europeo, sul rischio di una “lenta agonia” dell’Europa e la richiesta di muoversi rapidamente con chi ci sta. Al di là degli orientamenti non proprio convergenti e del loro primo impatto, c’è chi  intravvede nell’iniziativa francese la prospettiva di una “nuova Unione”, per ora non in sostituzione dell’attuale ma, almeno limitatamente all’urgenza di sicurezza per il continente, in preparazione di un pilastro importante dell’Unione Europea futura. Per la Francia sarebbe anche l’occasione per sanare la ferita procurata nel 1954 all’Europa con l’affossamento della Comunità europea della difesa, di cui oggi sentiamo particolarmente la mancanza.  

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