Liberalizzazione dei servizi: a che punto siamo?

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L’hanno definita «Bolkestein», soprannominata «Frankestein», ora potrebbe diventare la Direttiva Gebhardt. Su un punto tutti concordano: si tratta di una delle proposte legislative più controverse degli ultimi anni della storia dell’integrazione europea.
La proposta di direttiva per la liberalizzazione dei servizi, nelle intenzioni del Commissario Bolkestein che l’ha redatta e della Commissione Prodi che l’ha approvata, mirerebbe alla realizzazione di una delle quattro libertà   fondamentali previste dal Trattato (libertà   di circolazione delle persone, delle merci, dei capitali e dei servizi).
Il testo viene presentato come elemento essenziale nel quadro delle riforme economiche avviato dal Consiglio europeo di Lisbona allo scopo di fare dell’UE, entro il 2010, l’economia basata sulla conoscenza più dinamica e competitiva del mondo, ma suscita da subito ampie e accese discussioni tanto negli ambienti politici quanto nella società   civile.
Le date simbolo di queste discussioni sono il 25 febbraio 2004, data di presentazione della proposta e 4 aprile 2006 giorno in cui la Commissione, alla cui presidenza era nel frattempo succeduto a Romano Prodi Manuel Barroso, presentಠuna nuova proposta. In mezzo un acceso dibattito su questioni rilevanti quali il campo di applicazione della direttiva, la collocazione in questo scenario dei Servizi di Interesse Generale e dei Servizi Economici di interesse Generale e il tanto discusso principio del Paese di origine in base al quale l’attività   di prestatario di un servizio in un Paese diverso dal proprio avrebbe dovuto essere disciplinata dalle norme di quest’ultimo Stato.
Il testo presentato nell’aprile 2006 aboliva il principio del Paese d’origine, sostituito dalla possibilità   di prestare servizi secondo le regole del Paese d’accoglienza e limitava di molto in forza di numerose deroghe il campo di applicazione della direttiva; non risolveva perಠla questione della definizione dei Servizi di Interesse Generale e, quindi, dei Servizi di Interesse Economico Generale.
Su quest’ultimo documento si è pronunciato il Consiglio, adottando una Posizione comune il 24 luglio scorso, che accoglie sostanzialmente la nuova versione, integrandola con un meccanismo di notifica obbligatoria delle misure nazionali restrittive del principio di libera circolazione (il cosiddetto «screening»). Ogni Paese sarà   infatti tenuto a giustificare, in un rapporto alla Commissione, tutti gli ostacoli che vengono opposti alle aziende estere che intendano prestare dei servizi sul territorio nazionale. Inoltre, il campo di applicazione della nuova direttiva viene ulteriormente ridotto, con l’esclusione dei servizi giuridici forniti da notai e ufficiali giudiziari, mentre si concedono agli Stati membri tre anni (anzichà© i due previsti originariamente) per l’adeguamento della legislazione nazionale alla normativa.
Resta sul tavolo la questione dei Servizi di Interesse Generale (Economici e non) e su questo si riaccende il dibattito: La Commissione del mercato interno e della tutela dei consumatori del Parlamento ha deciso di consegnare alla plenaria il testo di luglio, congelando tutti gli emendamenti presentati a settembre che rischierebbero di minare il fragile equilibrio trovato tra gli Stati membri. Meglio attendere la prossima mossa della Commissione e più ancora il prossimo voto in plenaria previsto per novembre, quando potrebbero arrivare in aula anche quegli emendamenti che oggi sono stati sospesi , in primo luogo le richieste di Evlyne Gebhardt (PSE, Germania).
Già   autrice del «compromesso» attorno al quale ha ruotato tutta la prima fase del dibattito sulla direttiva Servizi, l’eurodeputata tedesca ha recentemente chiesto di rafforzare la chiarezza giuridica delle disposizioni della direttiva relative a questioni come l’esclusione del diritto del lavoro e dei servizi sociali, la tutela dei consumatori e la cooperazione amministrativa, e di escludere dal campo di applicazione della normativa tutti i servizi da interesse generale (SIG), ritenendo che “i SIG, nella loro natura stessa, siano non economici”.
In un quadro ancora confuso qualcosa si muove e le acque si agitano: da una parte continuano le liberalizzazioni già   annunciate (vd approvazione della proposta di direttiva che prevede il completamento della liberalizzazione dei servizi postali, già   avviata nel ’99) e, al tempo stesso restano alte le preoccupazioni per la tutela degli interessi e dei diritti dei lavoratori. Ne danno prova tanto le reazioni della Confederazione Europea dei Sindacati al voto della commissione mercato interno accusata di non aver rispettato pienamente l’accordo di luglio avendo respinto quegli emendamenti che avrebbero escluso dal campo di applicazione della direttiva il diritto del lavoro e i servizi sociali, quanto la relazione d’iniziativa dell’eurodeputato Schroedter sull’applicazione della direttiva relativa al distacco dei lavoratori. Nel testo si insiste sulla necessità   di garantire diritti sociali minimi e si chiede di migliorare l’informazione diretta ai lavoratori in merito ai loro diritti, operando una chiara distinzione tra lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi e imprenditori.
La palla passa ora al Parlamento, chiamato a pronunciarsi sul progetto di direttiva, compresa la dichiarazione della Commissione europea, durante la sessione di novembre, a Strasburgo.

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