Le segrete stanze della diplomazia europea

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Una spirale perversa contribuisce a soffocare l’attenzione dei popoli europei a temi fondamentali per la loro vita: da una parte la diffusa distrazione dei cittadini per argomenti complessi e apparentemente distanti dall’immediato quotidiano, dall’altra l’antico costume della diplomazia di proteggere il proprio lavoro in «segrete stanze» con il pretesto, spesso infondato, della discrezione. E la somma di tutto questo è un ulteriore indebolimento della democrazia e l’aggravarsi della distanza tra la società   e la politica, fenomeno non solo nazionale, ma sicuramente anche europeo e mondiale. Per questo vale la pena soffermarsi un momento sul ricco menù che nei giorni 7-8 settembre scorsi era sul tavolo dei ministri degli Esteri dell’UE riuniti vicino a Porto per definire agenda e posizioni su alcuni temi essenziali per il futuro dell’Europa.
Un menù troppo «discreto», poco raccontato dai grandi organi di informazione che ancora si attardano sulle cronaca estiva, meglio se nera, mentre già   sono alle porte i problemi dell’autunno.
E si tratta di problemi non proprio senza rilievo. All’interno dell’UE il negoziato in salita sulla revisione del Trattato dell’Unione dopo il fallimento del progetto di costituzione europea e il faticoso compromesso raggiunto nel giugno scorso dalla presidenza tedesca per risuscitarne alcuni elementi principali in un «Trattato leggero», che fin dall’inizio è apparso piuttosto complicato e che sarà   probabilmente inadeguato alle sfide che attendono l’Europa, in particolare in materia di politica estera.
Il cauto ottimismo di giugno ha già   ceduto il posto a più di un’apprensione: il Regno Unito di Brown non è certo più europeista di quello di Blair, in Polonia i gemelli Kaczynski continuano a remare contro (molto ha irritato l’atteggiamento del traballante governo polacco sulla lotta contro la pena di morte) e non è certo la prospettiva delle elezioni politiche anticipate al 21 ottobre prossimo ad aiutarli a rinsavire, mentre la Francia di Sarkozy avrà   il suo da fare per convincerci del suo conclamato impegno europeo.
In questo panorama non si annuncia facile la conclusione del negoziato prevista dalla presidenza portoghese il 20 ottobre prossimo: i polacchi vorrebbero rivedere il difficile compromesso raggiunto sul meccanismo di voto e minacciano di sfilarsi dal rispetto della Carta dei diritti fondamentali andando a far compagnia agli inglesi. E già   che ci sono, per fare buon peso, rivendicano una loro maggiore presenza nella Corte di Giustizia, esigenza mai avanzata finora e comunque realizzabile senza bisogno di modificare il Trattato. Chi parla di provocazioni e ricatti forse esagera ma nemmeno troppo.
Non meno importanti nel menù di Porto i temi di politica estera. Per limitarci a quelli presenti nell’ordine del giorno ufficiale – ma si sa che poi le conversazioni tra ministri e diplomatici vanno oltre – c’era molto di sostanzioso. A cominciare dall’irrisolta questione del Kosovo, dove la comunità   albanese rivendica una completa indipendenza mentre la Serbia, di cui la regione fa attualmente parte, non vuole andare oltre una forma, seppure avanzata, di autonomia. Posizione questa sostenuta tenacemente dalla Russia, poco disponibile a cedere su un punto così sensibile non solo per la sua alleanza con i Serbi ma anche per le instabilità   ai propri confini.
E proprio i rapporti dell’UE con la Russia sono stati all’attenzione dei ministri degli Esteri europei, preoccupati per l’evoluzione dell’ancor fragile democrazia russa e per le perduranti tensioni con la Polonia che, nonostante tutto, va giustamente difesa contro il potente vicino. Nel frattempo restano bloccati i negoziati sul nuovo accordo di partenariato UE-Russia, mentre si avvicina l’inverno e cresce il nostro bisogno di approvvigionamento energetico.
Infine, ma certamente non ultimo per importanza per l’UE e i suoi Paesi della fascia mediterranea, il problema mediorientale con l’incancrenirsi del conflitto israelo-palestinese, le nuove turbolenze libanesi, la minaccia nucleare iraniana e il continuo peggioramento della situazione irachena.
Di tutto questo hanno discusso con «discrezione» i nostri 27 ministri degli Esteri: francamente a noi sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più delle loro conclusioni. Ma più contenti e anche più rassicurati saremo il giorno in cui a raccontarcele sarà   «un vero ministro» degli Esteri europeo, quello che il Trattato rivisto ancora non ci darà  .

2 COMMENTI

  1. Ciò che ha riassunto Franco Chittolina nelle”Segrate Stanze…” ci conferma tutti i timori che un po’ sconsolati raggranelliamo ogni giorno da quello che veniamo a conoscere della realtà  globale intorno a noi. Credo però che anche la società  non sia di aiuto al grande soggetto sociale di cui fa parte e, come i suoi capi, ha altrettanto bisogno di uscire da un pensiero di comoda sopravvivenza qualunquista per divenire capace di porsi i problemi ai fini della costruzione politica dell’ Europa. Forse i popoli non si sentono partecipi, ma soprattutto non hanno voglia di avere responsabilità , non hanno il piacere di!?
    Ecco un problema che ci compete e che non possiamo delegare: la partecipazione concreta individuale, dei gruppi, delle associazioni !
    Come allora incominciare a far nascere un concreto e continuativo dibattito all’interno della società  ? Cominciando dalla scuola che, di fatto, nella ricerca di costruzione di conoscenza dovrebbe sempre essere in cammino, il che significa anche saper leggere quotidianamente i mutamenti all’interno della società  prima che essi divengano consuetudini legate all’omologazione che crea sicurezza, ma non vitalità  e qualità  della vita.

  2. A parziale, molto parziale attenuante, del poco impegno dedicato all’Europa e al mondo vi è sicuramente la complessità  dei problemi, la rapidità  con cui evolvono insieme con l'”oscuramento” indotto dalla sospetta “riservatezza” dei potenti. Ma vi è anche una diffusa caduta di attenzione dell’opinione pubblica e un’insufficiente cultura di base di cui sono responsabili da una parte le agenzie formative e dall’altra i sistemi dell’informazione mass-mediatica. E’ più che urgente che ciascuno si prenda le proprie responsabilità  senza questo slittamento infinito di delega che oggi sembra avere per qualcuno Grillo come ultima spiaggia. Noi continuiamo a prenderci le nostre responsabilità  ad APICE e proseguiamo pazientemente sulla strada dell’alfabetizzazione europea: è solo una gocciolina ma può diventare nuvola. Poi un giorno pioverà  e l’erba tornerà  a crescere.

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