L’anno che verrà, tra timore e speranza

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L’inizio di un anno lascia sempre spazio alla speranza e alla tentazione di proiettare previsioni sull’anno che verrà. Il 2024 fa seguito ad un lungo periodo di sfide e tutto lascia pensare, purtroppo, che tali sfide continueranno anche nei prossimi dodici mesi. 

Le guerre in corso ai nostri confini, guerre che continuano a dividere il mondo, non danno segnali di tregua, di pace o di prospettive di soluzione. La guerra in Ucraina entra nel suo terzo anno con tutte le incertezze che il 2024 porta con sé, dalla tenuta del sostegno militare, finanziario e umanitario dell’Occidente allargato alle campagne elettorali che si profilano all’orizzonte, dall’Unione Europea agli Stati Uniti. Non solo, ma sarà orizzonte elettorale anche per la Russia, chiamata alle urne nel marzo prossimo per “riconfermare la legittimità” di un Presidente che si è già garantito il regno fino al 2036. 

L’altra guerra, quella che si combatte fra Israele e Hamas, sembra purtroppo puntare ad una cieca continuità distruttrice, con tutte le conseguenze umanitarie che già si stanno abbattendo soprattutto sul popolo palestinese. Una guerra che, oltre a non dare segnali diplomatici per la soluzione di un conflitto lungo più di settant’anni, interroga sul futuro della stabilità dell’intera regione, a partire dalle sue antiche linee di frattura, alla posizione geostrategica e commerciale del Mar Rosso, fino alle prospettive degli Accordi di Abramo fra alcuni Paesi arabi e Israele.

Al di là delle guerre e dei conflitti, il 2024 sarà soprattutto l’anno delle riflessioni sullo stato e sulla tenuta della democrazia e l’avanzare dei regimi autoritari, visto che si terranno elezioni in 76 Paesi nel mondo, con la prospettiva che vadano alle urne più di 4 miliardi di persone, circa la metà della popolazione mondiale. 

Oltre all’Unione Europea, su cui si allunga l’ombra dei partiti di destra e populisti, agli Stati Uniti, dove il Partito repubblicano potrebbe riportare alla Presidenza Donald Trump, e alla Russia che riconfermerà il suo zar, andranno a votare Paesi fra i più popolosi al mondo, come l’India, l’Indonesia, il Pakistan, il Brasile, il Bangladesh o il Messico. 

Rivestono inoltre particolare importanza le prossime elezioni presidenziali e legislative a Taiwan del 13 gennaio prossimo, non solo per il futuro delle sue relazioni con la Cina, ma anche per gli equilibri strategici e internazionali nell’Asia-Pacifico e soprattutto per i futuri rapporti tra Cina e Stati Uniti. 

Non meno importanti saranno le elezioni in India, Paese di circa 1 miliardo e mezzo di abitanti e considerato a lungo come la più grande democrazia del mondo. Una democrazia che, negli ultimi anni, è apparsa sempre più a rischio e minacciata da continui tentativi autoritari. Con un tasso di crescita che supera il 6% annuo, l’India si avvia a diventare una delle grandi potenze economiche mondiali, in netta rivalità con la Cina e con l’ambizione di guidare quel Sud globale che si sta affacciando, con peso, sulla scena internazionale. 

Il 2024, se da una parte sarà segnato dalla continuità delle due guerre in corso e da altri conflitti che covano un po’ ovunque, dall’Africa al Caucaso e a Myanmar, dall’altra sarà anche l’anno di grandi sfide per la pace, per la sicurezza dei cittadini e per la salute del Pianeta.

Continuerà infatti l’aumento della spesa militare globale, che nel 2022 ha raggiunto la cifra record di 2,2 trilioni di dollari, con Stati Uniti, Cina e Russia in testa; l’intelligenza artificiale prenderà sempre più spazio nella vita dei cittadini, in bene e in male: la speranza è che, dopo l’esempio dell’Unione Europea, nel 2024 emergano altre risposte e iniziative politiche a livello mondiale in grado di gestire responsabilmente l’evoluzione di tale tecnologia. Infine, il 2024 sarà un anno di verifica per il rispetto degli impegni presi, da parte di tutti i Paesi del mondo, alla recente COP 28 a Dubai : triplicare l’energia rinnovabile e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030.  Una decisione urgente, con poco tempo a disposizione e con un appuntamento alla COP 29, che si terrà in Azerbaijan, altro Paese produttore di fossili. 

Il 2024 non sarà probabilmente un anno di pace, ma non è vietato sperare che sia migliore del 2023.

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