La Strategia di Lisbona

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Nel marzo 2000, i Capi di Stato e di Governo dell’Unione riuniti a Lisbona, vararono i capisaldi di una strategia comune avente come obiettivo dichiarato quello di fare dell’Europa «l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica al mondo» attraverso la promozione di una crescita economica sostenibile e l’incremento quantitativo e qualitativo dell’occupazione.
L’obiettivo generale veniva poi declinato nella necessità   di i) investire nella ricerca e nello sviluppo fino al 3% del PIL, ii) ridurre gli ostacoli burocratico – amministrativi alla creazione d’impresa, iii) raggiungere un tasso di occupazione intorno al 70% (60% per le donne), iv) realizzare significativi progressi in materia di ambiente, coesione sociale e sviluppo sostenibile.
Il Consiglio definì, inoltre, un nuovo «metodo aperto» di coordinamento, che prevedeva un accordo degli Stati membri sugli obiettivi comuni ed una definizione nazionale delle modalità   di implementazione della Strategia, demandando ad un vertice da tenersi ogni anno in primavera il compito di rivedere ed indirizzare i processi in corso.
A cinque anni dal lancio, tuttavia, la Commissione europea, per voce del suo Presidente Barroso, ne registra un preoccupante difetto di implementazione e, nel suo discorso al Parlamento europeo dello scorso febbraio, ridefinisce le priorità   per determinare «una crescita economica sostenuta ed una crescita quantitativa e qualitativa dell’occupazione» (da cui la definizione di «growth and jobs strategy»).
Già   nel settembre dello scorso anno il Commissario all’Allargamento Verheugen aveva sottolineato la necessità   di «individuare delle priorità   strategiche» suggerendo di investire con più decisione sulla competitività   come fattore di crescita «rafforzando la dimensione del sapere».
Di una rivitalizzazione della strategia si è cominciato a parlare con crescente frequenza a partire dalla pubblicazione del Rapporto sulla Strategia di Lisbona elaborato dall’alto gruppo di esperti incaricato di analizzarne successi ed insuccessi nei primi anni di applicazione e presieduto dal Primo Ministro olandese Wim Kok.
Il Rapporto Kok, presentato nel novembre 2004, individuava, in particolare, nella carenza di un’azione politica determinata, nell’eccessivo ampliamento dell’agenda e nello scarso coordinamento delle priorità   gli ostacoli da rimuovere per rendere plausibili gli obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Lisbona in materia di società   della conoscenza, mercato interno, ambiente economico, mercato del lavoro e sostenibilità   ambientale.
Nel presentare la «nuova strategia» Barroso ha richiamato gli Stati membri ad una maggiore collaborazione per il rafforzamento dell’impatto delle azioni comunitarie e per la comunicazione a livello nazionale della filosofia che le informa.
Tale invito è «accolto» nelle Conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles (marzo 2005), che costituisce il nuovo documento di riferimento per l’individuazione di temi, tempi e metodi di implementazione della strategia. Il Consiglio, nel ribadire l’indissolubilità   del legame tra conoscenza ed innovazione, pone l’accento sulle urgenze nei settori ricerca e sviluppo, servizi di interesse generale, mercato interno e società   dell’informazione. Richiami specifici riguardano il supporto alle PMI innovative e ai parternariati pubblico – privati e un migliore connubio tra flessibilità   e certezza nel mondo del lavoro. Viene inoltre fissata una tempistica più serrata per consentire un monitoraggio ed un coordinamento più efficace delle azioni sia a livello comunitario che nazionale.

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