La scuola di domani, cosa succede in Europa

1436

In questi giorni di grande ansia ed incertezza sul piano politico che su quello economico e sociale, puಠessere utile prendere distanza dalla situazione contingente e sforzarsi di guardare lontano, alle prospettive di rilancio a medio e lungo termine della nostra società  . E perchà© non partire proprio dalla scuola, sempre più spesso obiettivo privilegiato di «riformatori» e «razionalizzatori» miopi, per riflettere sul nostro futuro? In questo senso, la recente messa in linea del portale Eurypedia, che permette di esplorare sotto varie angolazioni i sistemi di istruzione europei, offre a chi da sempre si occupa di scuola un’opportunità   per aggiornare le proprie conoscenze, confrontare la situazione italiana con quella degli altri paesi e riflettere sulle possibili strade da intraprendere per valorizzare al meglio il capitale umano di insegnanti e studenti. Il progetto Eurypedia nasce all’interno della più nota rete Eurydice, promossa dalla Commissione Europea e costituita da 37 unità   nazionali e subnazionali, che forniscono informazioni e dati sul funzionamento e l’evoluzione dei sistemi scolastici dei Paesi europei (e non solo dell’UE) coinvolti. Le pubblicazioni tematiche di Eurydice (fra le più recenti Le pratiche per avvicinare alla lettura, L’istruzione degli adulti, Il ritardo scolastico) così come i compendi statistici (fra cui Le nuove tecnologie a scuola) sono dei punti di riferimento per analizzare nel dettaglio e con un’ottica comparata come sta cambiando la scuola in Europa. All’interno di questa rete, attiva già   dagli anni Ottanta, nasce l’idea di creare un’enciclopedia online in grado di sistematizzare l’informazione a disposizione, offrendo un quadro chiaro e dettagliato dei sistemi scolastici europei agli insegnanti, ai dirigenti, ai ricercatori e agli studenti che per ragioni diverse si rivolgevano a Eurydice in cerca di chiarimenti. Il portale Eurypedia, online da ottobre 2011 ed ancora in corso di aggiornamento, vuole essere una risposta a questa esigenza di approfondimento. Sebbene purtroppo per il momento disponibile solo in inglese, il sito è intuitivo ed esplorabile tramite vari percorsi: si puಠinfatti seguire il filo conduttore dei paesi oppure quello tematico, focalizzandosi per esempio sui vari ordini e gradi dei sistemi scolastici, sulle strutture di finanziamento, sulla condizione degli insegnanti o sugli strumenti di valutazione. Uno dei filoni che è possibile seguire è quello della inclusività   dei sistemi scolastici nei confronti di studenti con bisogni educativi speciali (BSE), un fenomeno in crescita in Europa non tanto per l’aumento di studenti affetti da disabilità   o disturbi specifici dell’apprendimento come la dislessia, quanto per la sempre maggiore incidenza, nelle scuole europee, di studenti di origine immigrata. Infatti, gli ostacoli che questi ultimi si trovano a dover affrontare al momento dell’inserimento nel sistema scolastico sono molteplici. Alcuni di questi sono comuni anche ai bambini autoctoni: ad esempio, le famiglie immigrate sono tendenzialmente concentrate fra gli strati più svantaggiati della popolazione, per cui i loro figli si trovano sfavoriti sia per quanto riguarda le disponibilità   economiche che per l’accesso a reti sociali rilevanti. Invece, una difficoltà   propria dei bambini di origine immigrata – specie quelli di prima generazione – è la necessità   di accorciare la distanza linguistica e quella culturale dall’ambiente scolastico in cui si trovano immersi, per la quale i genitori non possono esercitare un ruolo di guida, trovandosi anch’essi sperduti in un contesto diverso da quello di origine. Per far fronte a questi svantaggi, le scuole europee devono attrezzarsi, formando personale con specifiche competenze e mettendolo nelle condizioni di lavorare al meglio, tramite finanziamenti mirati. Il modello italiano di integrazione, sviluppato attorno ai concetti chiave di inclusione ed intercultura, ha sofferto in questi ultimi anni di un deficit di investimento, a partire dalla formazione degli insegnanti: come rivela l’ Indagine Docenti Neoassunti 2009, condotta dalla Fondazione Giovanni Agnelli – più del 50% dei nuovi docenti italiani si sente impreparato ad insegnare in classi diversificate e pluriculturali. Un discorso analogo puಠessere fatto sugli insegnanti di sostegno, primo obiettivo delle crociate «razionalizzatrici» che hanno investito in questi anni le risorse a disposizione della scuola pubblica. In questo contesto, il confronto con le diverse pratiche in atto negli altri Paesi europei non puಠche essere costruttivo, per dare un senso a politiche scolastiche che da noi arrivano spesso solo sotto forma di slogan o di circolari ministeriali dalla improbabile applicazione, come le «classi ponte» o il limite del 30% di stranieri per classe. Per avere indicazioni sulle tendenze nazionali, oltre al portale Eurypedia, puಠessere utile «giocare» con i dati sul sito dell’Indice Europeo sulle Politiche di Integrazione (MIPEX), un progetto del British Council e del Migration Policy Group sostenuto anche dalla Commissione Europea. Alla sezione «education» è possibile ottenere varie informazioni su quattro settori chiave delle politiche di integrazione scolastiche: l’accesso, i bisogni specifici, le nuove opportunità   e l’educazione interculturale per tutti. Una partecipazione più attiva da parte di insegnanti e operatori del settore è invece stimolata dal sito europeo sull’integrazione, dove è possibile ricercare ed inserire «buone pratiche» dal basso e stabilire contatti con altre realtà   locali che, in Europa, sviluppano progetti di integrazione scolastica e non solo.

1 COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here