Italia ed Europa nel messaggio di Mattarella

317

E’ raro che nei suoi interventi pubblici il Presidente della Repubblica non faccia ampi riferimenti alla centralità dell’Europa per l’Italia; addirittura sorprendente che di Europa quasi non si trovi traccia nel suo più importante discorso dell’anno, quello della sera del 31 dicembre.

Vi si trova, quasi di sfuggita, un accenno a “Matera, capitale della cultura europea” e un solo passaggio, ma importante, dedicato all’Europa e nel quale, probabilmente non a caso, al centro è l’Italia: “Il nostro bel Paese, proteso nel Mediterraneo e posto, per geografia e per storia, come uno dei punti d’incontro dell’Europa con civiltà e culture di altri continenti”.

Poiché è buona regola considerare molto meditate le parole del Quirinale, specialmente in questi tempi di chiacchere politiche a ruota libera, non è forse inutile provare a coglierne i significati soggiacenti.

Cominciando dal contesto: quello di un discorso mirato a stimolare un ritorno di fiducia nell’Italia, a partire dai suoi abitanti di cui sono ricordati, insieme ai Grandi del passato, i talenti e il coraggio di oggi e i ricchi giacimenti di potenzialità per il domani. Chi, in questo disegno, ha visto toni melliflui, ha dato prova di grave miopia per il futuro e grande ignoranza del passato dell’Italia, dentro la bolla di un presente che comincia a sgonfiarsi.

Su questo sfondo, dell’Europa allora non è necessario spendere troppe parole, perché parlare con questi toni dell’Italia è già parlare di Europa. Anzi, molto di più: quel silenzio dice l’orgoglio di un Paese che è Europa, della quale è stato nei secoli un attore importante e che dell’Unione Europea di oggi è stato, a metà del secolo scorso, un Paese fondatore.

E oggi ancora, “geografia e storia” fanno dell’Italia non solo “un punto d’incontro con civiltà e culture di altri continenti” – un altro modo per dire la ricchezza delle migrazioni, altra parola assente nel discorso – ma anche una proiezione del nostro Paese verso l’indispensabile dialogo futuro con l’Africa e l’area mediterranea, entrambe minacciate dai nuovi appetiti imperiali della Russia e dal protagonismo militare di uno spregiudicato disegno neo-ottomano di Erdogan, come in Libia.

Affrontare queste sfide sarà compito certamente dell’Unione Europea, non appena sarà dotata di un’adeguata politica estera e di sicurezza comune: sola possibilità, con l’azione diplomatica, di prevenire i conflitti e di affrontare le tensioni esplose ancora in questi ultimi giorni in Medioriente. Nell’attesa di questa svolta, non più rinviabile, è già anche una responsabilità dell’Italia risvegliare la sua evanescente politica estera, nei limiti delle sue pur modeste capacità, ultimamente molto poco esercitate.

A fronte dello smottamento generale della coesione europea, vittima di derive nazional-populiste, è venuto il momento che ciascun Paese membro UE assuma le proprie responsabilità, mettendo a frutto quello che di buono sanno ancora dare le identità nazionali, da coniugare con la costruzione di un’identità plurale europea in cantiere da tempo.

E’ venuto il momento per tutti, Italia compresa, di esercitare le proprie responsabilità, a partire dai giovani nei quali il Presidente dimostra di riporre una grande fiducia. E, con l’occasione, mandare all’Italia, con riferimento sottinteso all’Europa, un messaggio chiaro, simile a quello che, nel gennaio del 1961 il giorno del suo insediamento, un altro giovane Presidente, John Kennedy, lanciò ai suoi concittadini e che oggi il nostro Presidente potrebbe riformulare così: “Non chiedete cosa può fare l’Europa per voi, chiedete cosa potete fare voi per l’Europa e per il mondo”. Perché anche l’Italia può aiutare l’Unione Europea a uscire dalla sua irrilevanza geopolitica e contribuire alla pace nel mondo, cominciando dall’area mediterranea. Senza aspettare che a farlo siano prima altri, come sta accadendo in Libia, in nome di interessi non sempre nobili.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here