A pochi giorni dal voto che determinerà il futuro presidente americano, l’immigrazione torna ad essere il tema centrale, e forse decisivo, per i due schieramenti a sostegno di Donald Trump e Kamala Harris. La questione della gestione dei flussi migratori tuttavia è molto dibattuta negli ultimi giorni anche in Europa: l’apertura dei centri di accoglienza italiani per i migranti in Albania ha riaperto questo delicato dibattito.
Emerge su entrambe le sponde dell’Atlantico una visione problematica dell’immigrazione: entrambe le visioni mettono al centro i problemi di gestione, piuttosto che le opportunità. Lo si evince dai dati: già un sondaggio di pochi mesi fa condotto da Euronews stimava che il 51% degli europei considera negativa la politica migratoria recente dell’Unione Europea ed il 71% chiederebbe controlli più severi alle frontiere. Parallelamente negli Stati Uniti solo 3 cittadini su 10 sono soddisfatti della politica migratoria portata avanti dall’amministrazione Biden. La prevedibile conseguenza è stata l’inasprimento delle promesse di policies in entrambi i continenti. La politica anti immigrazione è stata sempre una dei cavalli di battaglia di Trump: il coro “Build the wall” era stato intonato alla sua inaugurazione alla carica di presidente durante le elezioni del 2016. Il candidato dei repubblicani ricorda come in effetti durante il suo mandato le politiche messe in atto avevano ridotto gli ingressi, sfruttando il dramma del Covid-19. Nel 2020 l’amministrazione Trump invocò il celebre Title 42 del 1944 che stabilisce che le autorità americane hanno diritto di espellere dal suolo nazionale persone provenienti da paesi in cui era presente una malattia trasmissibile. E non mancano le sue ormai classiche promesse choc: “chiamatemi presidente del confine. Avvierò grandi deportazioni”. Promesse che però fanno leva sull’elettorato dopo tre anni e mezzo di un’amministrazione Biden che sulla quesitone migratoria è stata debole. Nel senso di un’azione più conciliante, provocando però un boom vertiginoso degli ingressi fino al 4 giugno 2023, quando il presidente ha emanato un ordine esecutivo per “sigillare” il confine con il Messico e riportando di fatto il numero di entrate al livello del 2020. Si tratta di un punto debole per la campagna della Harris che elude le domande sulla questione e se prima aveva sostenuto la decriminalizzazione di ingressi illegali nell’ultimo periodo ha dichiarato di voler intraprendere politiche più rigide, confermando l’irrigidimento della politica verso i migranti.
Il trend si conferma anche in Europa: nonostante l’approvazione, pochi mesi fa, del nuovo Patto Migrazioni e Asilo che dovrebbe facilitare il ricollocamento e l’accoglienza dei migranti nei 27 paesi membri, è evidente la deriva verso un comportamento orientato alla chiusura delle frontiere per fronteggiare l’arrivo di migranti. La stessa presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ha consigliato la “progettazione di modi innovativi per contrastare la migrazione illegale”. Complice la forte virata verso destra nel panorama politico del vecchio continente, si sta valutando l’idea di adottare per tutta l’Unione “il modello Albania” sperimentato dall’Italia: aprire gli hotspot esterni, ossia hub di rimpatrio nei paesi fuori dall’UE. Rilevanti sono anche le dichiarazioni di Roberta Metsola, presidente del Parlamento UE. Ribadisce l’importanza del Patto sostenendo che “Al suo interno ci sono soluzioni innovative dopo decenni di blocco, perché protegge le frontiere esterne, mostra fermezza con chi non è identificabile, garantisce un rimpatrio sicuro e rapido e si dimostra forte contro i trafficanti: dobbiamo sempre tenere a mente che parliamo di esseri umani, non di numeri”. E supporta l’accordo italo-albanese: “Ci sono soluzioni nel Patto che vanno in questa direzione. Naturalmente come Parlamento europeo porremo delle domande ma non dobbiamo avere paura di discutere del tema della migrazione, abbiamo fatto di tutto per non parlarne per troppo tempo”.
Insomma, in entrambi i continenti dell’Occidente la gestione dell’immigrazione è essenziale e bisognerà occuparsene anche e soprattutto per rendere questi flussi di persone una risorsa ed un’opportunità e non una quesitone sulla quale non si vuole mai progettare.