Fuochi incrociati sul Medio Oriente

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Con gli attacchi aerei russi in Siria, iniziati una settimana fa, gli scenari politici stanno rapidamente e pericolosamente cambiando, mettendo in ulteriore evidenza quanto il Medio Oriente sia ormai diventato un teatro di guerra dai molteplici e intricati interessi a livello regionale e internazionale.

Un primo concreto segnale di una svolta significativa nel conflitto siriano è stato quello mandato, durante l’Assemblea Generale dell’ONU del 28 settembre scorso, dallo stesso Presidente Putin e cioè un chiaro invito a formare una nuova coalizione per sostenere Bashar al-Assad nella lotta contro il terrorismo. Una proposta politica che ha messo in seria difficoltà sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea, il cui obiettivo principale non è solo combattere il sedicente Stato islamico (IS) e mettere fine alla guerra in Siria, ma anche esigere una transizione verso una nuova leadership siriana. E’ infatti difficile immaginare, ora come ora e dopo quattro anni di guerra in cui Assad ha praticamente distrutto il suo popolo, di dover sostenere quel dittatore che oltretutto ha favorito la crescita e l’espandersi del feroce terrorismo dello stesso Stato Islamico che oggi dice di combattere. Le conseguenze, soprattutto umane, sono sotto gli occhi di tutti.

Ma chiaramente Putin giudica un errore non sostenere Assad e proprio nel momento i cui quest’ultimo sembra in serie difficoltà, la Russia non solo lancia la sua proposta di una diversa coalizione ma entra concretamente in guerra con raid aerei e, ufficialmente, con l’obiettivo di sostenere la lotta contro il terrorismo e contro lo Stato islamico. Un obiettivo apparso carico di ambiguità agli occhi occidentali.

E così, i cieli del Medio Oriente sono più che mai attraversati da aerei da guerra che, pur avendo lo stesso obiettivo di combattere l’IS, rischiano di affrontarsi sull’approccio politico a questa lotta. Intervengono infatti, da una parte gli aerei della coalizione guidata dagli Stati Uniti, fra cui quelli della Francia, della Gran Bretagna, della Turchia e dell’Arabia Saudita, e dall’altra gli aerei della Russia e dell’Iran, il maggior alleato, quest’ultimo, di Bachar el-Assad nella regione.

Una situazione estremamente complessa e carica di incognite inquietanti. Se, da un lato, appaiono evidenti i diversi interessi della Russia, degli Stati Uniti e dell’Europa sullo scacchiere mediorientale e soprattutto l’ambizione della Russia di raggiungere un riconosciuto protagonismo a livello globale, dall’altra riemergono con più forza le antiche divisioni regionali fra sunniti e sciiti, in particolare fra Iran e Arabia Saudita. La proposta della Russia di una vasta coalizione, per quanto degna di riflessione per una sconfitta decisiva del terrorismo, deve fare i conti soprattutto con tutte queste divisioni e con le relative e gravi instabilità già in corso nella regione: Iraq, Libia, Yemen.

La proposta di Putin ha tuttavia creato divisioni anche in seno all’Unione Europea, aggiungendo alla tragedia dei profughi che sbarcano ogni giorno sulle nostre coste anche il pesante dilemma del dialogo o meno con Bachar al-Assad per fermare la guerra e il terrorismo. Un dilemma che l’Europa sarà chiamata a sciogliere, con le comprensibili difficoltà politiche e diplomatiche che ciò richiederà.

 

 

 

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