Energia e Europa a sovranità   limitata.

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Con la temperatura particolarmente bassa di questo inverno sono saliti i prezzi dell’energia. E’ stata la conseguenza della legge del mercato su domanda e offerta, magari sostenuta da una speculazione cui ci hanno abituati i distributori dell’energia e la fiscalità   perversa che l’accompagna, oltre che i prezzi imposti all’origine dai Paesi produttori. E tuttavia, in prospettiva e con scadenze ravvicinate, è al comportamento di questi ultimi che dobbiamo guardare con particolare attenzione.
Due vicende, una solo provvisoriamente conclusa e l’altra appena agli inizi, dovrebbero aprirci gli occhi sul futuro del mercato dell’energia e il suo impatto sull’Europa:da una parte il contenzioso sulla fornitura di gas all’Ucraina da parte della Russia, dall’altra il conflitto in corso tra l’Iran e l’occidente (UE e USA) sulla riapertura delle centrali nucleari.
Gas russo e nucleare iraniano
La vicenda del gas fornito all’Ucraina dalla Russia è nota: Gazprom, gigante monopolista controllato dallo Stato russo, ha messo fine ai prezzi politici della fornitura del gas in provenienza dalla Russia verso ex-Paesi dell’URSS, oggi anche sempre più ex-amici della Russia. Il segnale mandato all’Ucraina è chiaro: il raddoppio del prezzo del gas (grazie al congelamento del basso prezzo del gas che per 2/3 proviene dall’Asia centrale, ma oggi con passaggio obbligato in Russia) è anche il prezzo politico da pagare alla presa di distanza dell’Ucraina dalla Russia dopo la rivoluzione arancione del 2004. Ne ha fatto le spese anche la Georgia, dopo la rivoluzione delle rose del 2003.
Insomma, la Russia dopo aver congelato gli arsenali militari anche per gli altissimi costi, brandisce l’arma energetica di cui dispone, non solo come produttrice ma anche come distributrice, direttamente contro gli ex Paesi amici e indirettamente verso l’Europa che, non apprezzata da Mosca, «simpatizza» verso questi stessi Paesi.
Una situazione diversa quella dell’Iran ma con esiti geopolitici simili ed un’analoga concezione dell’energia come nuova arma nei conflitti economici che si annunciano in Eurasia. Qui la vicenda è aggravata dal possibile utilizzo militare dell’energia nucleare e non è disgiunta dalla rilevanza strategica di un Paese grande produttore di petrolio e snodo importante nel mondo islamico a dominante sciita. Per chi non ne fosse convinto, basterebbe guardare a come stanno reagendo alle «provocazioni» iraniane i principali attori mondiali: ferma ma alla ricerca del dialogo l’UE, minacciosi gli USA, imbarazzata ma non ostile la Russia e sicuramente comprensiva se non alleata la Cina, grande divoratrice di energia e, a questo titolo, particolarmente dipendente dall’Iran. La prova del nove di queste differenze l’avremo presto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU dove si annuncia improbabile una unanimità   su eventuali sanzioni verso l’Iran.
Energia e sovranità   in Europa
La preoccupazione per l’energia in Europa non data da oggi: la creazione della Comunità   europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) nel 1951 e della Comunità   europea dell’Energia Atomica (EURATOM) nel 1957, dopo la crisi di Suez, testimoniano come l’Unione europea abbia fin dai suoi inizi avuto coscienza del problema. Soltanto che questa consapevolezza non si è tradotta in politiche efficaci della riduzione della nostra dipendenza energetica: negli anni ’50 importavamo in Europa il 20% del nostro fabbisogno, oggi siano al 50% e, senza interventi efficaci, nel 2030 arriveremo al 70%. Quali le ragioni di questa deriva? Da una parte, il forte sviluppo economico dell’UE aggravato da una cultura dei consumi energetici fuori controllo anche grazie al basso costo dell’energia fino alla crisi petrolifera del 1973, dall’altra l’incapacità   dei Paesi UE a dotarsi di una politica energetica comune in grado di guardare oltre gli interessi immediati delle singole economie nazionali. Ci si è così limitati a politiche di incitamento alla riduzione dei consumi e ad uno sviluppo modesto delle energie rinnovabili. L’argomento è tornato recentemente sul tavolo del Consiglio europeo di Hampton Court nell’ottobre scorso e si sta intensificando l’iniziativa della Commissione UE cui spetta formulare proposte per un rilancio della politica energetica comunitaria.
Il segnale venuto dalla Russia, le molteplici minacce in provenienza dall’area medio-orientale e l’instabilità   politica di molti Paesi dell’Asia centrale, grande serbatoio di energia, provocheranno finalmente un sussulto decisivo nell’UE? E’ consentito sperarlo, ma restando prudenti nel pronostico e non dimenticando, come ci ricordano osservatori attenti, che «la questione essenziale è quella delle relazioni tra l’Europa e i Paesi fornitori. Essa attiene alla geostrategia e quindi alla politica estera. In altre parole, non ci sarà   politica comune in materia di energia fin quando l’Europa non sarà   dotata di una diplomazia comune»: Come dire che fino a quando i Paesi dell’UE continueranno nelle loro «finzioni» di sovranità  , l’Europa sarà   condannata anche dalla sua crescente dipendenza energetica ad una mortificante sovranità   limitata.

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