Elezioni in Polonia

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Nell’Unione Europea le elezioni si susseguono e non sempre si rassomigliano. Quelle svoltesi in questi ultimi mesi in Ungheria, Slovacchia, Olanda e Belgio hanno mandato segnali inquietanti di rottura di solidarietà   e all’interno dei singoli Paesi e di questi verso la coesione dell’UE. Nelle elezioni di domenica scorsa in Polonia le cose sono andate diversamente e per l’Europa è stata una boccata d’aria di cui, in un momento come questo, si sentiva francamente il bisogno.
Nell’UE, la Polonia è un Paese importante: una storia drammatica di oppressioni, spartizioni e rivolte; subito alle spalle dei quattro maggiori Paesi membri per popolazione, a pari merito con la Spagna; il solo Paese che non ha risentito della recessione del 2009, la Polonia prenderà   il timone dell’UE fra un anno e non stupisce quindi che gli occhi di Bruxelles – ma anche di Washington e Mosca – fossero puntati su quell’esito elettorale.
Si contendevano la presidenza della Repubblica i rappresentanti di due schieramenti conservatori: quello riformista e moderato di Komorowski e quello populista e ultra-nazionalista di Kaczynski, gemello del defunto presidente, perito nella sciagura aerea di Smolensk. Ha vinto con il 53,01% il candidato moderato, fermando il suo avversario sul 46,9% dei suffragi: una vittoria di misura che lascia incerti gli osservatori sul futuro della Polonia, di nuovo alle urne per le elezioni politiche l’anno prossimo, ma che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a Bruxelles, costantemente minacciata di veto dal candidato nazionalista, e fa sperare in un atteggiamento polacco più disteso verso la Russia e meno subordinato agli USA.
L’incertezza degli osservatori ha più di una ragione, in particolare la spaccatura del Paese tra i ceti urbani filoeuropei e gli elettori della campagna (l’agricoltura rappresenta ancora il 19% degli addetti), sostenuti dall’ala più conservatrice della Chiesa cattolica: l’hanno spuntata i primi, facendo rivivere qualcosa dello slancio riformatore che fu proprio, negli anni ’80, di Solidarnosc dalle cui fila viene il presidente eletto.
Conforta per la Polonia il fatto che le elezioni di domenica abbiano confermato anche il consenso al governo in carica, chiamato nei mesi prossimi a difficili riforme, a cominciare da quella delle pensioni e aiuta l’Europa un risultato che allontana le intolleranze nazionaliste e identitarie che l’avevano indebolita in questi ultimi tempi.
Non poco delle future evoluzioni polacche dipenderanno dall’atteggiamento della Chiesa, finora prevalentemente su posizioni conservatrici che non hanno tuttavia impedito al cattolico Komorowski di prevalere, rivolgendosi agli elettori con le parole di Giovanni Paolo II:«Non abbiate paura!».
Diranno i prossimi mesi verso quali orizzonti si muoveranno i polacchi, un popolo crudelmente provato dalla storia e ancora nel secolo scorso vittima del nazismo prima e dello stalinismo poi, come nella tragedia di Katyn dove Stalin fece massacrare 22.000 ufficiali polacchi. Ma la Polonia è stata anche la culla di un coraggioso rinnovamento con la straordinaria avventura di Solidarnosc, appannatasi con gli anni, ma pur sempre un contributo decisivo alla demolizione dell’impero sovietico. E per questo, l’Europa alla Polonia deve molto e viene adesso il momento di ricambiarla sostenendola in questa sua nuova difficile stagione di riforme.

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