Diritti umani, un anniversario in allarme

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Il 2018 è un anno di particolari anniversari: si celebrano i cento anni dalla fine della prima guerra mondiale, si ricorda con rinnovato turbamento la vergogna delle leggi razziali del 1938 e si festeggiano i settant’anni della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata nel 1948, all’indomani della fine della seconda guerra mondiale.
Tre commemorazioni che ci riportano ad un passato segnato dalla violenza e dalle distruzioni, ma anche ad un passato che ha saputo costruire, fino ai giorni nostri, un lungo periodo di pace, di libertà e di unione fra i popoli, basato sul rispetto dei diritti e sul consolidamento della democrazia.
Uno degli strumenti che ha guidato la costruzione pacifica del nostro tempo e che maggiormente riflette i pericoli che possono farci ricadere negli anni più bui della nostra recente soria, è proprio la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, uno strumento proclamato e adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che mette nero su bianco gli inalienabili diritti fondamentali di ogni persona. In particolare, l’articolo 1 proclama, senza equivoci : “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
Per vegliare sul rispetto dei diritti, l’ONU si è dotato di strutture adeguate, in particolare l’Alto Commissariato per i diritti umani, incaricato di prevenire le violazioni dei diritti, di effettuare missioni di verifica e di tirare, quando necessario, il campanello d’allarme sulle derive razziste e xenofobe dei suoi Stati membri. Ed è proprio questo campanello d’allarme che l’Alto Commissario ONU Michelle Bachelet ha tirato la settimana scorsa da Ginevra per quanto riguarda, fra altri, il nostro Paese, precisando che avrebbe inviato una missione ONU “per valutare il forte incremento di atti di violenza e di razzismo contro migranti, persone di discendenza africana e Rom”.
Un richiamo giustificato dai recenti e numerosi atti di razzismo che si sono verificati da una parte all’altra dell’Italia, incoraggiati da una retorica politica intrisa di nazionalismo, di falsi argomenti, di uso spregiudicato delle paure dei cittadini e di disinvolto irrispetto per i principi morali e per le regole internazionali.
La risposta dell’Italia alle preoccupazioni espresse dall’ONU è stata quindi, senza sorprese, arrogante e minacciosa. Purtroppo, al di là dei preoccupanti atti di razzismo, è questa la deriva politica del nostro Paese, che rischia di isolare l’Italia sul piano europeo e internazionale e tende a guardare a quei Paesi in cui si calpesta lo stato di diritto, si tarpano le ali alla democrazia e si chiudono ermeticamente le porte ai richiedenti asilo. Una posizione quest’ultima, che mette in luce la contraddizione politica di un Governo che, giustamente, invoca la solidarietà europea di accoglienza, continuamente rifiutata da questi stessi Paesi.
E in effetti, il campanello d’allarme dell’ONU, che ricorda anche il fatto di aver negato l’ingresso di navi di soccorso delle ONG e “le conseguenze devastanti per molte persone già vulnerabili”, attraverso l’Italia richiama l’intera Unione Europea ad “intraprendere operazioni di soccorso umanitario (…) e a garantire l’accesso all’asilo e alla protezione dei diritti umani”. Non solo, ma quel campanello d’allarme richiama l’Europa intera a prendere atto della gravità e della pericolosità di una tale situazione e ad unirsi per adottare politiche migratorie e di accoglienza adeguate, lungimiranti e condivise.
L’Unione Europea e, al suo interno, l’Italia, hanno garantito settant’anni di pace e di rispetto dei diritti al nostro continente. Un percorso senz’altro difficile ma tenace nel difendere la democrazia e i suoi valori. Ben vengano quindi i campanelli d’allarme, le ispezioni delle Nazioni Unite, perché oggi più che mai l’Europa e i suoi Paesi membri hanno bisogno di rinnovate prospettive di pace e di solidarietà per il futuro e non di inquietanti passi indietro.

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