COVID 19 e il mondo che verrà

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Non è più una sorpresa per nessuno il fatto che questa pandemia stia rimodellando tutti i meccanismi politici, economici, sociali e culturali che hanno fatto girare il mondo in questi ultimi decenni. La questione è talmente nuova, sensibile e difficile da affrontare in modo corretto che la Commissione europea ha istituito una piattaforma che mette in evidenza false notizie e strumentale disinformazione (EuvsDisinfo.eu) sul modo in cui l’Europa affronta la crisi.
Al riguardo, in questi giorni, è sotto i riflettori della stampa internazionale, compresa quella statunitense, un generale interrogativo sul modo in cui la Commissione abbia gestito le informazioni relative alle responsabilità della Cina nella propagazione e nella gestione della pandemia. Informazioni che si sarebbero, sotto pressione diplomatica, sempre più “attenuate” per non complicare le relazioni commerciali fra l’Unione Europea e la Cina. Questione e interrogativo non da poco, se si pensa a come evolveranno le relazioni internazionali e commerciali nel prossimo futuro, quando il Coronavirus avrà completamente abbattuto tutte le sue carte.
Ad aiutare a capire quali dovrebbero essere gli orientamenti da perseguire per disegnare un futuro “dopo covid” e su quali dinamiche già in corso dovrebbero poggiare, è il documento di riflessione presentato dall’Alto Rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrell, intitolato “Covid 19: il mondo del futuro è già presente”.
Tre le piste di riflessione: l’avvenire della globalizzazione e del neoliberalismo ; l’evoluzione della governance mondiale; la resilienza dell’Unione Europea e dei sistemi politici democratici europei nell’affrontare la gestione di rischi gravi ed imprevisti. Uno dei messaggi trasversali a queste tre piste mette in evidenza la necessità di rendere l’Europa molto meno dipendente dal commercio mondiale e quindi meno ricattabile dalle grandi potenze. Ricorda Borrell infatti che l’’Europa, al riguardo, è la regione del mondo più dipendente e, ad oggi, la più colpita dal rallentamento dell’economia.
Per quanto riguarda, in particolare, il rapporto con la Cina, e per limitarci al settore sanitario, colpiscono infatti le seguenti cifre: l’Europa dipende dalla Cina per il 50% delle forniture di mascherine e materiali di protezione sanitari; il 40% degli antibiotici importati dalla Germania, dalla Francia e dall’Italia provengono dalla Cina; il 90 % della penicillina consumata nel mondo è fabbricato in Cina e non un solo grammo di paracetamolo è prodotto in Europa. Sono solo alcune cifre limitate ad un settore, ma che la dicono lunga sulle prospettive di cambiamento per il futuro messe in luce dal Coronavirus.
Prospettive che interpellano evidentemente non solo per il commercio, ma che si estendono per un raggio ben più vasto all’insieme della struttura della mondializzazione, dove sarà necessario immaginare un nuovo equilibrio fra apertura dei mercati, interdipendenza, sicurezza e sovranità degli Stati. Prospettive che richiamano in causa anche il concetto di governance mondiale e il rafforzamento del sistema multilaterale, oggi più che mai necessario per affrontare, in una solidarietà internazionale, le sfide globali.
Ed infine, alla luce dei cambiamenti che si prospettano sulla scena mondiale e sempre che si vogliano trarre le dovute lezioni da questa terribile pandemia, torna in primo piano l’urgenza di comporre una maggiore solidarietà interna all’Unione, per garantirle forza, stabilità e ruolo in futuro.

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