Aperto il cantiere dell’UE di domani

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Molto si è parlato e si continua a parlare, e spesso anche a vanvera, delle condizionalità che imporrebbe all’Italia il Meccanismo europeo di stabilità (MES) nella sua nuova versione generando, come spesso accade, due opposte tifoserie. Da una parte, quanti vedono nel MES una trappola infernale che renderebbe l’Italia schiava dei soliti poteri forti, per sintetizzare la famigerata Troika (Banca centrale europea, Commissione europea e Fondo monetario internazionale); dall’altra parte, quanti negano che quel meccanismo nasconda condizioni per il Paese che ne beneficia, quasi che bastasse prendere i soldi e scappare. I meglio informati ricordando che una condizione c’è, ma del tutto pertinente: quella di destinare i fondi ricevuti in prestito a spese sanitarie, dirette e indirette, a fronte dei danni provocate dal Covid-19.

Forse basterebbe considerare che nessuno procura 36 miliardi di euro di prestiti, a tasso agevolato e con una scadenza decennale di rimborso, senza attendersi dal beneficiario il buon uso di quelle risorse, con il dovere di vegliare sulla loro corretta destinazione. Ancor più se si tratta di un Paese, come l’Italia, che viaggia verso il 160% di debito pubblico. Una regola banale, di normale applicazione per le risorse comunitarie, da proteggere da usi distorti e spese improduttive, quando non da rischi di corruzione come è avvenuto spesso in Italia a proposito della gestione dei fondi comunitari.

Di qui la necessità di temperare l’orgoglio nazionale, ricordando come funziona la nostra macchina amministrativa e come ogni giorno emergano episodi di mala gestione, con tangenti e truffe al seguito. Di qui anche un più acuto senso di responsabilità nel sollecitare risorse in una fase di ricostruzione economica che prevede grandi flussi di denaro comunitario, una parte del quale con contributi a fondo perduto come annunciato dalla proposta della Commissione europea per la “Nuova generazione UE”, con un ambizioso “Piano per la ripresa”, presentata al Parlamento europeo e destinata a finire sul tavolo del Consiglio europeo a inizio estate, per una decisione congiunta si spera al più presto. 

Si tratta di un dispositivo complesso, risultato di una proposta di rafforzamento del bilancio comunitario 2021-2027 (1.100 miliardi di euro), di una ripresa della proposta franco-tedesca (500 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto), con il complemento di 250 miliardi di prestiti, per un totale di 750 miliardi dai quali l’Italia potrebbe ricavare circa 80 miliardi a fondo perduto e 90 in prestiti. Ai 1850 miliardi innescati dalla proposta della Commissione, vanno aggiunte le misure già adottate per un volume di 540 miliardi di prestiti a tasso agevolato, tra l’altro grazie al Meccanismo europeo di stabilità. Al netto degli interventi della Banca centrale europea, l’UE libererebbe così una potenza di fuoco aggiuntiva di circa 2400 miliardi complessivi per il prossimo settennato.  

Si apre adesso una trattativa complicata, con la Commissione impegnata a difendere la sua proposta, il Parlamento largamente orientato a sostenerla e rafforzarla e i governi nazionali divisi tra i Paesi “periferici” che chiedono maggiori risorse a fondo perduto, i Paesi “frugali” che vorrebbero consentire solo prestiti e i Paesi dell’est che temono di perdere i generosi fondi ricevuti finora. Avrà un ruolo importante nella ricerca di un compromesso la Germania che, dopo aver fatto un passo importante verso l’emissione comune di debito europeo e l’apertura a una fiscalità europea, assumerà la presidenza semestrale dell’UE il prossimo 1° luglio: si spera per generare una nuova Europa, più ambiziosa e più solidale.

A questa trattativa l’Italia arriverà indebolita dalle pesanti conseguenze del Covid-19 sulla sua economia e da un quadro politico poco incline ad assumersi le responsabilità richieste dalla gestione delle ingenti risorse europee, da collocare dentro una strategia che tenga conto degli obiettivi già anticipati la settimana scorsa dalla Commissione europea: priorità che assomigliano tanto a delle “condizioni”. Non se l’abbia a male l’orgoglio nazionale dei sovranisti nostrani, tanto di quelli al governo che di quelli all’opposizione: solidarietà e responsabilità debbono camminare insieme, tanto più nel momento di bisogno nel quale viviamo. 

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