Ancora un Consiglio ue a vuoto?

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Non è stato un gran Consiglio europeo quello che ha riunito la settimana scorsa i Capi di Stato e di Governo: pochi risultati, qualche tensione e i soliti rinvii. Niente di nuovo per quest’Unione che, appena fatto qualche passo avanti, sembra prendere paura di se stessa e preme sul freno, non importa se la crisi invece continua ad accelerare e a travolgere milioni di persone in Europa.

Si aspettavano di più i greci tenuti ancora a bagnomaria, ma con la prospettiva adesso probabile di poter contare su un supplemento di altri due anni per mettere i conti in ordine; molto di più si aspettava il governo spagnolo, che sperava un intervento del Fondo salva-Stati direttamente sulle sue banche e invece se lo vedrà andare ad aumentare il debito pubblico con il risultato di alimentare una spirale perversa tra banche in dissesto e conti pubblici in difficoltà.

E’ andata meglio all’Italia, considerata un po’ la miracolata del momento, in attesa di capire che cosa le capiterà dopo il “taumaturgo” Monti e con il ritorno di una politica che non riesce a decollare dal fango della corruzione e da una litigiosità senza fine.

Tuttavia, a ben guardare, qualche cosa in quel Consiglio all’apparenza inutile qualcosa è capitato. Qualche osservatore l’ha visto nel “risveglio francese”, altri nella conferma che la strada dell’unione bancaria è tracciata e, grazie anche alla Banca Centrale Europea (BCE), arriverà a destinazione entro il 2013, magari subito all’indomani delle elezioni tedesche del settembre prossimo.

Perché, come spesso accade in politica, il calendario conta, eccome. Conta per l’Italia con le sue elezioni di primavera, più ancora per quelle d’inizio autunno in Germania quando la Cancelliera Merkel dovrà vendere cara la pelle, stretta tra l’ala dura bavarese, e non solo, della sua maggioranza  e un’opposizione di cui già oggi ha bisogno per proseguire sulla strada dell’integrazione europea. E pochi mesi dopo, nel 2014, ci saranno le elezioni europee, occasione per il rilancio dell’UE o per un suo declino democratico, se dovesse ripetersi l’astensionismo del 2009.

A illuminare la scena, l’insolita tensione pubblica tra Germania e Francia. Da una parte la Merkel intenzionata a rinviare dopo le sue elezioni l’intervento a sostegno dei Paesi in difficoltà e ad anticipare la creazione di pesanti strumenti di controllo sui bilanci nazionali, alla faccia delle democrazie nazionali; dall’altra il Presidente francese Hollande fermamente deciso a bloccare entrambe le pressioni, riuscendoci almeno in parte grazie anche al sostegno di Monti, bisognoso  dello scudo della BCE in vista di possibili future ondate speculative contro l’Italia.

Si è trattato di un episodio che tradisce non solo un cambiamento di tono tra Francia e Germania dopo la stagione del “Merkozy”, ma anche una dialettica più complessa all’interno dei Paesi membri, in gran parte stanchi degli eccessi della pressione tedesca e alla ricerca di un dialogo comunitario con pari dignità. Un dialogo, si fa per dire, nel quale si è ancora una volta segnalato David Cameron, ostinato nel minacciare il suo veto al bilancio pluriennale 2014-2010 dell’UE e nell’allargare ulteriormente la distanza tra l’isola e il continente.

Tutti segnali di un’UE che sta cambiando, come conferma anche l’intervista rilasciata la settimana scorsa da Hollande ai principali quotidiani europei sull’Europa a più velocità. Sarà bene prestare più attenzione a un movimento carsico, e non solo, che si va intensificando di giorno in giorno e potrebbe riservare sorprese. Speriamo belle.

 

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