In occasione dell’imminente Festa della donna il Parlamento europeo dedica la giornata del 6 marzo alla questione femminile, organizzando due conferenze sul ruolo delle donne nell’ambito del dialogo interculturale e nei lavori parlamentari.
La situazione europea dell’uguaglianza di genere è certamente migliorata nel corso dei decenni ed è sicuramente avanzata rispetto ad altre regioni del mondo, tuttavia vari studi evidenziano profonde differenze tra gli Stati membri dell’UE e una generale carenza della rappresentanza femminile nei ruoli decisionali di vario genere. Anche in ambito politico, come sottolinea lo stesso Parlamento europeo.
Il dato positivo è che rispetto alle prime elezioni a suffragio universale del 1979, quando la «quota rosa» si attestಠal 17%, c’è stato un evidente avanzamento con la percentuale di donne parlamentari salita al 31%. Così nel 2008 la “palma rosa” spetta ai Paesi Bassi con il 52% di donne europarlamentari, seguiti da Estonia e Lussemburgo che raggiungono la parità assoluta tra europarlamentari uomini e donne. Pessima invece la situazione di Malta e Cipro, con nessuna donna presente all’Europarlamento. Non va molto meglio per l’Italia, che con 13 donne su 78 europarlamentari complessivi (16,7%) si colloca al quartultimo posto appena prima della Polonia.
A ricoprire ruoli istituzionali nel Parlamento europeo è in media una donna su tre: 6 su 23 le donne presidenti di commissioni parlamentari, 13 su 37 le presidenti delle delegazioni, 5 su 14 le vicepresidenti del Parlamento e 2 su 6 i questori donna. Solo 2 su 12 hanno ricoperto la massima carica di presidente del Parlamento europeo: le francesi Simone Veil (1979-1982) e Nicole Fontaine (199-2002).
Per quanto concerne i Parlamenti nazionali degli Stati membri, nonostante un generale miglioramento negli ultimi dieci anni della presenza femminile con il passaggio dal 16% del 1997 al 24% del 2007 nella media nell’UE, è ancora lontana la soglia del 30% considerata necessaria per una reale influenza politica. Va comunque osservato che alla fine del 2006 solo 20 Paesi nel mondo avevano superato o raggiunto la quota del 30% e 8 di questi erano Paesi dell’UE: Svezia, Finlandia, Paesi Bassi, Danimarca, Spagna, Belgio, Germania e Austria.