Lanciata dalla Commissione europea nel 2005 e approvata un anno fa dalla commissione europarlamentare Libertà civili, la proposta di direttiva sul rimpatrio degli immigrati illegali è ancora fonte di forti contrasti tra i gruppi politici dell’Europarlamento.
In vista del voto dell’aula, previsto per il prossimo giugno, e mentre continuano i negoziati tra Consiglio e Parlamento, i contenuti della direttiva sono stati discussi in un seminario svoltosi presso il Parlamento europeo tra eurodeputati e giornalisti. Lo scopo delle direttiva è di stabilire regole e condizioni comuni per il rimpatrio degli immigrati illegali salvaguardando perಠil rispetto dei diritti umani.
Fra i temi affrontati durante il seminario, la fissazione di un termine preciso per il rimpatrio volontario dopo il quale scatta l’espulsione automatica, un periodo di detenzione amministrativa compreso tra 6 e 12 mesi per gli immigrati illegali e la condizione di vita degli immigrati e delle loro famiglie. Il testo delle proposta di direttiva prevede che, una volta ricevuto l’avviso di espulsione, gli immigrati che non sono ripartiti volontariamente non potranno fare rientro nell’UE per cinque anni.
Secondo il relatore dell’Europarlamento, Manfred Weber dei Popolari europei (PPE), la situazione di illegalità in cui versano molti immigrati «è la più inumana e degradante che si possa immaginare», per cui «o gli immigrati illegali sono espulsi oppure gli va garantito un permesso legale di soggiorno».
In forte disaccordo i rappresentanti del gruppo socialista (PSE) e del gruppo confederale della sinistra unitaria europea (GUE/NGL), che hanno criticato la perdita per gli immigrati delle libertà personali e la detenzione amministrativa. Sulla stessa linea il gruppo verde (Verdi/ALE), che chiede chiarimenti sui Paesi di transito dei migranti e sul divieto di rientro.
Contro i contenuti della proposta di direttiva, considerati punitivi nei confronti dei migranti che non hanno compiuto alcun reato ma si trovano semplicemente in situazione di irregolarità rispetto alle leggi sul soggiorno negli Stati membri dell’UE, è in corso una campagna di ONG europea che ha già raccolto oltre 34.000 firme per chiedere all’Europarlamento di modificare profondamente la prossima normativa sui rimpatri.