Ancora brutte notizie da Bruxelles sul deficit italiano

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Gli eventi di questi ultimi giorni, prima religiosi e poi politici, hanno parzialmente occultato alcune notizie importanti in merito ai rapporti tra l’Italia e l’Unione europea sul versante dell’economia e più in particolare del contenimento del deficit pubblico. Si era appena concluso da pochi giorni il tormentone che da mesi pesava sulla revisione del Patto di Stabilità   quando da Bruxelles è arrivata al Governo italiano una doccia fredda sul livello del conti pubblici italiani. Ma andiamo con ordine. A Bruxelles, a fine marzo, il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo dell’Unione aveva confermato senza cedimenti i parametri di salvaguardia per la moneta e l’economia europea mantenendo la soglia del 3% per il deficit annuale e l’obiettivo del 60% del debito pubblico consolidato di ciascun Paese. Le modifiche, minori anche se politicamente importanti, riguardavano le modalità   di rientro in caso di sforamento comunque da contenere attorno ad uno 0,5% supplementare in caso di particolare difficoltà   per le economie nazionali. Per semplificare, a fronte di impegni e programmi precisi, Bruxelles avrebbe concesso tempi più lunghi per il rientro sotto la soglia del 3% e non avrebbe fatto scattare automaticamente la pesante procedura di richiamo pubblico per il Paese inadempiente. Quanto al livello del debito consolidato nessuna ulteriore flessibilità   era concessa, anzi in merito il richiamo agli Stati membri era anche più severo per controbilanciare l’ammorbidimento consentito sul rientro dal deficit. Come si vede non una revisione del Patto di Stabilità   come ha tentato di far credere il Governo italiano da mesi impegnato a chiedere meno severità   sui suoi conti, ma appena una reinterpretazione più morbida di una disciplina chiaramente riconfermata. Erano passati appena una decina di giorni da quell’accordo quando sono arrivate le brutte notizie da Bruxelles. Le stime ufficiali della Commissione europea annunciavano pubblicamente che il livello del deficit dichiarato dal Governo italiano sarà   abbondantemente superato: non il 3% dichiarato dal ministro Siniscalco, ma il 3,6%, un valore già   subito fuori dalla nuova tolleranza indicata al 3,5%. E come se non bastasse, le stime europee prevedevano per il 2006 un aggravamento del deficit italiano al 4,6%, fuori quindi da qualsiasi compatibilità   e con l’Italia colpita inevitabilmente da una procedura di infrazione. A questo si aggiunga che rispetto al tetto del 60% fissato tendenzialmente per il debito, l’Italia resterà   inchiodata nel 2005 al 105,6 % con un ulteriore peggioramento previsto per il 2006 al 106,3%. E poichà© spesso in Italia si è accusato l’Unione di un eccesso di severità   verso il nostro Paese a fronte di un eccesso di comprensione verso altri, come Francia e Germania, non è senza interesse un raffronto con i dati di questi due Paesi. Nel 2005 Francia e Germania supereranno la soglia del deficit rispettivamente del 3% e 3,3%, con la prima che salirà   nel 2006 al 3,4% e la seconda che scenderà   al 2,8%. Molto meglio quindi dell’Italia ed incomparabilmente meglio quanto al debito che in entrambi i Paesi supererà   di pochi punti il tetto del 60% fissato dal Patto di Stabilità  . Fortuna per l’Italia che esiste la Grecia, unica a superarci nel 2006 nello sforamento del debito (ma solo di 2 punti), ma che supereremo perಠbrillantemente l’anno prossimo nel deficit! Non è certo una grande consolazione per un Paese come il nostro entrato nel club degli otto Paesi più sviluppati al mondo e che all’interno dell’Unione occupa saldamente le ultime posizioni in classifica. Nei giorni che verranno il Governo italiano dovrà   dare una risposta all’Unione, adottando misure di contenimento della spesa pubblica e dimenticando di poter operare sul versante fiscale con ulteriori tagli alle tasse come potrebbe invece essere tentato di fare nella forse lunga ma sicuramente estenuante campagna elettorale che ci aspetta. Tradizione vuole che gli ultimi tempi della legislatura siano particolarmente esposti alla tentazione di generosità   nella spesa per ottenere un più ampio consenso elettorale: è esattamente quello che nelle condizioni appena descritte il nostro Paese non puಠpermettersi, pena correre pericolosamente verso il fallimento. L’esito elettorale dei giorni scorsi chiede contemporaneamente al Governo una svolta nella politica economica ed industriale ma rovescia sulla maggioranza o quello che ne resta tensioni che renderanno particolarmente difficile l’opera di risanamento. Si capisce allora e si puಠquindi apprezzare l’atteggiamento di disponibilità   dell’opposizione a cercare una strada per contrastare il declino dell’Italia e riportarla nel più breve tempo possibile in Europa. Anche perchà© non è interesse di nessuno giocare al massacro, ancor meno di quelle forze politiche che uscite vittoriose dalle elezioni regionali potrebbero all’indomani delle ormai imminenti elezioni politiche trovarsi a dover gestire un’eredità   anche più pesante dell’attuale grave situazione in cui versa l’Italia.

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