Alta tensione nell’Unione Europea

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Questi non sono tempi tranquilli per nessuno, normale che non lo siano nemmeno per l’Italia e per l’Unione Europea.

L’Italia vive da tempo una stagione difficile e non solo per la pandemia che l’ha messa in ginocchio in questo ultimo anno. In affanno era già prima la sua economia con deboli tassi di crescita; allarmante la situazione finanziaria con un debito pubblico inarrestabile; fragile e instabile il quadro politico e disorientata una società colpita da povertà e disagi diffusi. 

L’irruzione della pandemia non poteva capitare in un momento peggiore, favorendo il  ricorso a una governo di salute nazionale, alla guida del quale il Presidente  Sergio Mattarella avrebbe chiamato un “papa straniero”, Mario Draghi, sostenuto da una maggioranza parlamentare più ampia possibile, forse persino troppo.

Non molto meglio sta andando negli altri Paesi UE, in particolare in Germania alla vigilia di un problematico avvicendamento alla Cancelleria, che Angela Merkel lascerà in autunno dopo 15 anni di governo, e in Francia alle prese, tra poco più di un anno, con elezioni presidenziali dall’esito incerto. Il tutto all’indomani di un infelice esito della vicenda di Brexit, con un accordo che ha già ampiamente mostrato i suoi limiti e le sue contraddizioni, in particolare alla frontiera tra le due Irlande.

Sembrava che godessero di migliore salute le Istituzioni europee, dopo aver rinnovato nel 2019 i propri vertici con due donne su postazioni importanti come la Commissione Europea, con Ursula von der Leyen, e la Banca centrale europea, con Christine Lagarde. Dopo un avvio segnato da grandi ambizioni e forti iniziative, il 2020 è cominciato male fin dai primi giorni con l’esplosione di una pandemia, oggi lungi da essere debellata. A parte qualche esitazione iniziale, le due Istituzioni a guida femminile sono state all’altezza dei loro compiti: la Banca centrale europea, attivando una massiccia “potenza di fuoco finanziaria” e la Commissione, stimolando il Consiglio dei ministri ad adottare decisioni inedite, come quella del Recovery Fund, alimentato da un debito comune europeo di 750 miliardi di euro. Una decisione che metteva in moto le macchinose procedure per attivare quelle risorse tanto a livello nazionale che comunitario: un lavoro non indifferente, anche a fronte di un’innovazione finanziaria per la quale non vi era esperienza.

E’ in questo contesto che si è accesa la “guerra dei vaccini”, con la Commissione chiamata dal Consiglio dei ministri UE a gestire un’operazione straordinaria con una contrattazione centralizzata per l’approvvigionamento dei vaccini e la loro distribuzione ai Paesi membri. 

Fin dall’inizio alcuni di questi Paesi non hanno esitato a cercare scorciatoie e a muoversi ai margini e fuori del coordinamento europeo, mentre la Commissione affrontava il compito affidatole con i limiti dei novizi, concludendo contratti fragili che sarebbero stati allegramente infranti dal potente complesso farmaceutico di  Big Pharma, attirato dalla prospettiva di grossi profitti e favorito dalla concorrenza tra i diversi Paesi. Non ci voleva di più per scatenare un clima politico ad alta tensione dove le reali, ma anche comprensibili, responsabilità della Commissione offrivano ai governi nazionali l’occasione di farne il capro espiatorio, occultando le proprie responsabilità.

Una situazione che ha scatenato anche in Italia il grido di “chi sbaglia paga”, meglio se il colpevole lo si individua nelle Istituzioni europee, piuttosto che nei governi nazionali che si sono mossi in ordine sparso o, in Italia in particolare, nelle Regioni andate ognuna per conto proprio con i  brillanti risultati che sappiamo, per le persone anziane in particolare, come ha ricordato Draghi in Parlamento.

La maledetta pandemia ci sta però anche offrendo un’occasione: quella di accelerare una radicale rivisitazione delle responsabilità dell’UE, con nuove regole per il loro esercizio, mettendo mano a una manutenzione, anche straordinaria, delle nostre Istituzioni ai diversi livelli, con l’obiettivo di renderle efficienti e di impedire il gioco al massacro dello scaricabarile. 

A massacrarci ci pensa già la pandemia.

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