Un Premio Nobel per la pace all’ Unione Europea

1729

È stato un riconoscimento a dir poco inaspettato, tanto da suscitare non solo sorpresa, ma in qualche caso anche sottili ironie o ragionevoli dubbi. Eppure, che lo si voglia o no, questo Premio Nobel per la Pace interviene in un passaggio importante fra passato e futuro dell’Europa, in un momento cruciale nella storia della sua difficile integrazione e sembra un Premio dato al passato dell’UE per spronarla verso il futuro. Un Premio oltretutto attribuito da un Comitato Nobel che ha costruito e consolidato il suo prestigio in un Paese, la Norvegia, che per ben due volte si è espresso contro l’adesione al progetto di Unione Europea.

Le motivazioni del Premio affondano le loro radici con evidenza in un passato di oltre sessant’anni e all’indomani di un  periodo  tragico della nostra recente storia. È infatti dalla fine della seconda guerra mondiale che, grazie anche al contributo di pochi autorevoli visionari, è scaturito un lungo periodo di pace in Europa mai vissuto prima e che dura tuttora. Su questa Pace si è ricostruita la democrazia, lo stato di diritto e la solidarietà e su cui si basano le fondamenta della costruzione europea, a partire dai vari allargamenti fino all’inclusione dei Paesi dell’Est dopo il crollo dell’Unione sovietica e a quelli in prospettiva nei Balcani, dalla moneta unica alla libera circolazione delle persone, dalla definizione di cittadinanza alla garanzia dei diritti.

Un percorso importante e insperato in pochi decenni e che oggi è vittima di una memoria che si fa sempre più fragile e incapace di conservarne la spinta storica e innovativa.

Il Premio Nobel interviene nel momento più difficile che l’Europa abbia conosciuto in questo suo lungo e incompiuto percorso. L’Europa perde consensi, si dibatte in una lunghissima crisi che da finanziaria è diventata economica, sociale e politica, le democrazie sono in serio pericolo, i diritti sono a grave rischio, la disoccupazione incalza e miete vittime giorno per giorno, i populismi si rafforzano e cominciano ad intravedersi le prime crepe fra Paesi del Nord e Paesi del Sud  Europa. Il Premio Nobel va letto in questa ottica. Un accorato invito a non abbandonare un progetto unico, a salvare la Pace, la democrazia e i diritti, a rimettere in campo i valori della solidarietà e del lavoro, a riconquistare quel coraggio dei Padri fondatori che, con gli orrori della guerra ancora negli occhi, avevano puntato alla costruzione di un’Europa che, per rinascere e resistere, doveva darsi come obiettivo finale quello di diventare un’Europa politica. Non solo, ma il cammino dell’Europa e dei suoi valori deve portare anche ad una sua autorevole presenza in un mondo in rapido cambiamento. Non a caso infatti,  le motivazioni espresse per il Premio Nobel fanno riferimento anche alla Turchia. Le prospettive di un’adesione, fino ad ora tiepidamente negoziate, hanno certamente contribuito a progressi in termini di democrazia e diritti dell’uomo in Turchia, ma quel riferimento sottintende garbatamente anche un invito ad andare avanti, a rafforzare un dialogo e una cooperazione con un Paese così vicino ai mutamenti in corso con le Primavere arabe. Un ulteriore invito all’Europa che, per la sua storia e per i valori difesi fino ad oggi, diventi più decisamente protagonista di pace e stabilità, in particolare oggi ai confini meridionali del Mediterraneo.

Ricevere un Premio Nobel per la Pace è un riconoscimento e, in prospettiva, una grande responsabilità. Ci auguriamo che l’Unione Europea sappia cogliere il senso profondo di questo invito e ne tragga tutta  la forza e la convinzione che  richiedono le sfide del futuro.

 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here