India e Pakistan, due Paesi a debita distanza dall’Europa, con relazioni alquanto tese nella regione contesa del Kashmir, sono tornati sotto i riflettori per le loro tensioni che risalgono al tramonto dell’Impero britannico e alla loro indipendenza nel 1947.
Da allora India e Pakistan, oggi due potenze nucleari, si sono affrontati con ben tre guerre (1949, 1965 e 1971), oltre a conflitti di più breve durata e incidenti di confine che hanno opposto i rispettivi eserciti in continui scontri a fuoco. Il recente attentato terroristico del 22 aprile scorso avvenuto nel Kashmir indiano, provocando la morte di ventotto turisti indiani, è forse il più sanguinoso attacco di civili degli ultimi anni e fa parte di quella lunga serie di tensioni e di escalation che mette continuamente a rischio la stabilità della regione.
Uno sguardo alla storia permette di capire il perché di un tale conflitto nonché la portata delle reazioni dei due Paesi, le quali, con il passare degli anni hanno assunto sempre più un profilo religioso, territoriale ed economico, oltre, come detto prima, militare, vista la competizione nucleare che rende il confronto regionale e l’escalation sempre più pericolosi.
Per quanto riguarda la storia, la fine del dominio britannico porta il Regno Unito nel 1947 a suddividere il subcontinente indiano in due Stati : l’India (a maggioranza indù) e il Pakistan (a maggioranza musulmana). Quest’ultimo è formato da due territori distinti, geograficamente distanti più di 1.600 km, il Bengala orientale, (oggi Bangladesh, indipendente dal 1971) e il Pakistan occidentale. Conosciuta come “Partizione”, la decisione britannica è stata una decisione mal preparata e carica di conseguenze sanguinose e conflittuali tuttora irrisolte.
Le prime conseguenze furono infatti un esodo massiccio di popolazione, circa 15 milioni di persone : musulmani che si spostavano verso il nuovo territorio del Pakistan, indù e sikh che facevano il percorso inverso. La storia ci dice anche che in questo movimento furono massacrate più di un milione di persone, la cui memoria vive tuttora e si esprime in particolare nel Kashmir, regione dell’Himalaya a maggioranza musulmana, in territorio e sotto sovranità indiana.
Fulcro delle tensioni è la “linea di controllo”, la frontiera di fatto tra India e Pakistan in una regione sempre più contesa e divisa in due, dove l’India cerca di rafforzare il suo controllo, il Pakistan rivendica l’identità musulmana della regione e la popolazione si sente discriminata nell’accesso allo sviluppo economico e sociale dell’India. Al riguardo, il Governo di Narendra Modi, aveva infatti abrogato già nel 2019 la norma costituzionale che garantiva alla regione un grado di autonomia maggiore rispetto alle altre regioni.
Non solo, ma le reazioni dell’India a quest’ultimo attentato, rivendicato da un gruppo identificato come “Resistance Front”, oltre a quelle diplomatiche e alla chiusura delle frontiere, portano sulla inquietante decisione di sospendere l’accordo fra i due Paesi che dal 1960 regola la condivisione delle acque del fiume Indo, minacciando di interrompere il corso del fiume e privare d’acqua buona parte del Pakistan. Una minaccia vissuta dal Pakistan come “un atto di guerra” che metterebbe in serio pericolo non soltanto il suo settore agricolo, ma anche la vita della sua popolazione.
Ancora una guerra che si svolge in lontananza, quasi dimenticata, ma oggi in preda ad una pericolosa escalation regionale e con armi atomiche a portata di mano.