Una nuova Unione per rassicurare i popoli europei 

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L’Unione Europea è una realtà plurale per storie e culture, ancora incompiuta rispetto al suo progetto federale, ritardato da divergenti dinamiche intergovernative e spesso bloccato dal ricorso a decisioni all’unanimità. È questa l’Unione chiamata a rispondere a sfide capitali per il suo sviluppo, se non addirittura per la sua sopravvivenza.

Assistiamo in questi giorni a concitati confronti tanto nelle sedi istituzionali comunitarie che tra gli Stati membri UE e anche oltre, con l’assenza non banale al tavolo di quello che era un suo tradizionale alleato, gli Stati Uniti di Donald Trump.

Piaccia o no, di qui bisogna partire, a cominciare dallo sconcerto dei cittadini europei preoccupati per quanto sta succedendo e comprensibilmente inquieti per il loro futuro, senza capire bene chi sta al timone dell’Unione e a chi fare fiducia.

Non rassicura la frammentazione del Parlamento europeo e dei governi nazionali, divisi in Europa di più tra nord e sud che non tra destra e sinistra, mentre cova sotto traccia l’ancora non riuscita coesione politica tra est ed ovest.

Lasciano perplessi le ambizioni di leadership, a tratti precipitosa e dai toni fuori misura, della presidente della Commissione europea ed ed ex-ministro tedesco della difesa , Ursula von der Leyen, e non riscalda i cuori la cautela della presidente francese della Banca centrale europea, Christine Lagarde, pur impegnata sul versante della difesa monetaria, al momento non il genere di difesa prioritaria. 

Né si può dire che abbia brillato per unità e coraggio il Consiglio europeo, riunito la settimana scorsa sotto la presidenza promettente ma ancora in rodaggio del portoghese Antonio Costa. In attesa dell’insediamento al governo in Germania del nuovo cancelliere Friedrich Merz, il tradizionale motore franco-tedesco stenta a ingranare la marcia, mentre sembra stia ingranandola quella della coppia “nucleare” franco-britannica, pronta ad associare Germania e Polonia e chi ci sta per garantire sicurezza all’Ucraina, anche la problematica Turchia se utile per la sua capacità militare, con l’Italia ancora  vagante nella nebbia dell’ambiguità.

Nei dintorni, sostanzialmente inascoltati, lanciano preoccupati allarmi Mario Draghi ed Enrico Letta, con due Rapporti pregevoli per qualità tecnica e politica ma che forse volano troppo alto rispetto a chi dovrebbe implementarli.

E allora, a questo punto, perché non cominciare a sentire sul serio che cosa pensano i cittadini europei. Ci aveva provato, con grande dispiego di mezzi, l’UE con la Conferenza sul futuro dell’Europa tra il 2021 e il 2022: nonostante il periodo funestato dalla pandemia ne erano scaturite proposte interessanti rimaste purtroppo ad oggi lettera morta.

Con mezzi più modesti e minore affidabilità nei risultati ha provato a farlo, tra tanti altri e dopo tre anni di guerra in Europa, un recente sondaggio internazionale, in particolare sul tema scottante della sicurezza e difesa.

Ne è risultato che il 55% delle persone interrogate teme nei prossimi anni un conflitto nei territori UE, il 51% ritiene Trump un nemico, il 70% è convinto che l’UE debba farsi carico della propria difesa, il 60% ha più fiducia in un esercito europeo comune e solo il 19% in quello nazionale e che 6 europei su 10 sono favorevoli all’ombrello nucleare francese per l’Europa.

In attesa che un analogo sondaggio ci chiarisca quali prezzi gli europei sono disposti a pagare per raggiungere gli obiettivi auspicati e di capire quanto i governanti UE siano disposti a rischiare il consenso elettorale, ci sono già sufficienti stimoli per iniziare a rifondare l’Unione e provare a rassicurare i suoi cittadini prima che si sentano traditi e diventino preda di prepotenze domestiche e di altre in provenienza da pericolosi aggressori, tanto da est che da ovest.

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