La “bella estate” è finita, arriva per tutti l’autunno

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Nel sua opera “La bella estate”, Cesare Pavese raccolse tre romanzi brevi in cui raccontò  il passaggio doloroso dall’adolescenza all’età matura. Una trama che andrebbe riscritta oggi per raccontare il passaggio da questa  “gioiosa” estate di vacanze, olimpiadi e grandi flussi turistici, che hanno contribuito a distrarci da molti problemi e a drogare la nostra economia, a un autunno nel quale affrontare con poche risorse la futura legge di bilancio e le molte emergenze politiche. Bisognerà anche vedersela con l’Unione Europea, alle prese con una transizione istituzionale e con l’entrata in vigore del nuovo Patto di stabilità e non sarà una passeggiata per nessuno. 

A Bruxelles settembre sarà segnato in particolare dalla complessa formazione della nuova Commissione europea: si dovrà trovare un’intesa tra le proposte dei governi UE, le attese della riconfermata presidente Ursula von der Leyen e l’approvazione finale del Parlamento europeo.

Non sarà facile raggiungere un equilibrio di genere tra i 27 Paesi UE: al momento incombe una proposta maggioritaria di maschi e al momento l’Italia non sembra fare eccezione.

Non meno importante sarà da una parte la preparazione del bilancio comunitario per il 2025, con governi membri poco disposti ad allargare i cordoni della borsa a fronte di spese che crescono, come nel caso del sostegno all’Ucraina, avendo a mente quello che potrebbe succedere a novembre con le elezioni presidenziali USA e le possibili ricadute sul futuro della NATO e degli scambi commerciali tra le due sponde dell’Atlantico.

In questo quadro si colloca inevitabilmente la ripresa politica italiane dopo le vacanze e anche qui i problemi non mancano, da quelli di forte sensibilità sociale come la situazione drammatica nelle carceri, il confronto sul tema della cittadinanza per gli stranieri, a quelli economici tra i quali i tentativi di rivedere le condizioni per le pensioni.

Quest’ultimo nodo va a scontrarsi direttamente con la situazione allarmante dei conti pubblici italiani e un debito pubblico che è ormai a un passo da tremila miliardi di euro, un costo annuale per interessi di oltre 80 miliardi e un rapporto tra debito e Prodotto interno lordo (PIL) in costante crescita, oggi attorno al 140%, la percentuale più alta nell’UE dopo la Grecia che, di questo passo, potremo superare già nel 2027. 

Sono questi i numeri con cui fare i conti per la prossima legge italiana di bilancio, da sottoporre il 20 settembre, prima della sua adozione, alle verifiche della Commissione europea, a fronte dei vincoli del nuovo Patto di stabilità che ci impone una graduale consistente riduzione del debito pubblico nei prossimi sette anni e, da subito, il contenimento del deficit annuale da riportare al 3% sul PIL. 

Sarà per tutti un esercizio doloroso: per i contribuenti che dovranno scordarsi le riduzioni fiscali, per il governo che dovrà trovare 25 miliardi per mantenere gli impegni assunti, ma anche per l’Unione Europea dove non mancheranno le tensioni con il governo italiano dopo l’opposizione manifestata ai nuovi vertici UE, in particolare alla presidente della Commissione, ma non solo.

Non sorprenderà se nei futuri negoziati, attorno al tema della finanza pubblica, torneranno sul tavolo, tra Roma e Bruxelles, due fantasmi sempre pronti a materializzarsi: quello della realizzazione del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (PNRR), in preoccupante ritardo, e quello del “Meccanismo europeo di stabilità” (MES), che gli altri 26 governi UE ci chiedono con insistenza di ratificare perché possa entrare tempestivamente in vigore in caso di crisi bancarie.

Non è tutto quello che ci aspetta dopo questa “bella estate”, ma per cominciare l’autunno già basta e avanza. 

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