La NATO e le grandi sfide nel Mediterraneo allargato

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Si sono appena spente le luci sul Vertice NATO che si è tenuto a Washington l’11 e 12 luglio scorso, un Vertice che, se da una parte commemorava i 75 anni della sua esistenza, dall’altra dimostrava tutte le difficoltà, le sfide e le debolezze di un’Alleanza Atlantica in un mondo in pieno mutamento.

La guerra della Russia all’Ucraina, l’impegno finanziario e militare a breve e lungo termine per Kiev, il monito esplicito alla Cina per il suo sostegno alla Russia, il Medio Oriente in fiamme e il timore di un’escalation militare in tutta la regione, l’incertezza politica degli Stati Uniti impegnati in una campagna elettorale che potrebbe portare Donald Trump alla Presidenza, sono alcune delle sfide che la NATO è chiamata ad affrontare oggi e in un prossimo futuro.

Se le discussioni al Vertice erano particolarmente concentrate sul fianco est della NATO, è tuttavia andata avanti la riflessione, iniziata al Vertice di Vilnius dell’anno scorso, sulla situazione e sulla vulnerabilità del fianco sud della NATO, un tema di sensibile importanza, particolarmente sentito dall’Italia e dai Paesi dell’Europa meridionale. Si tratta di quella regione che le definizioni geopolitiche identificano come “Mediterraneo allargato” e che tende ad evolvere verso la definizione di “Indo-Mediterraneo”. 

E’ una regione che si estende dai Balcani all’Africa centro-settentrionale e al Medio Oriente e che tende a diventare punto strategico di connessione tra il Mediterraneo e l’Indo Pacifico, tra Oriente e Occidente e dove si posizionano grandi potenze in rivale competizione fra loro, Europa, Stati Uniti, Turchia ma anche Russia, Cina, India e Paesi Arabi.

Regione quindi altamente sensibile e strategica per la NATO, attraversata tuttavia da sfide e minacce emergenti sempre più complesse e intrecciate fra loro, quali ad esempio le persistenti instabilità politiche e i conflitti armati in alcune parti del Medio Oriente e del Nordafrica, le vie dell’approvvigionamento energetico e le tensioni regionali, le crescenti pressioni migratorie e la tratta di esseri umani, le minacce terroristiche e le ripercussioni dei cambiamenti climatici nonché  la presenza sempre più solida della Russia nel Sahel e nel Nordafrica.  

Sono tutte sfide politiche, economiche e militari che premono alle frontiere meridionali dell’Alleanza e dell’Europa in particolare, sfide che mettono sotto tensione la capacità degli Stati a garantire la sicurezza e la stabilità nella regione. La riflessione della NATO e la strategia presentata a Washington al riguardo puntano infatti ad azioni lungimiranti di lungo periodo, ad una maggiore cooperazione e dialogo politico su questioni di interesse comune con i partner della regione, al rafforzamento delle capacità di difesa, alla cooperazione con organizzazioni internazionali come l’Unione africana, il Consiglio per la cooperazione del Golfo e la Lega araba. 

Al riguardo e come primo passo verso questa nuova attenzione sul fianco sud, il Segretario generale della NATO ha nominato lo spagnolo Javer Colomina rappresentante speciale dell’Alleanza per i rapporti con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Una nomina che non ha fatto l’unanimità fra i Paesi europei della NATO stessa, in particolare da parte dell’Italia, visto il suo interesse e posizione su questo scacchiere regionale. Si tratta purtroppo di una decisione che non aiuta a trovare quell’unità e convergenza di vedute tanto necessarie alla NATO per affrontare tutte quelle sfide che si muovono ai suoi confini meridionali.

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