Ad Astana la ricerca di un altro mondo multipolare

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Si è tenuta il 4 luglio scorso ad Astana, capitale del Kazakistan, la 24° riunione del Consiglio dei Capi di Stato dell’Organizzazione di cooperazione di Shanghai (OCS). 

L’OCS è un’alleanza intergovernativa fondata  nel 2001 con lo scopo di rafforzare la cooperazione economica e militare, la lotta al terrorismo, nonché la sicurezza dei confini fra i Paesi dell’Asia centrale, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e Russia e Cina. In costante evoluzione, l’Organizzazione conta oggi, oltre ai Paesi fondatori, altri membri di rilevante importanza geopolitica, quali l’India, l’Iran, il Pakistan e, a breve, anche la Bielorussia. A questi membri si aggiungono altri 14 Stati, definiti  partner di dialogo, come la Turchia e alcuni Paesi arabi del Golfo. 

Organizzazione eterogenea, composta essenzialmente da Paesi con regimi autoritari, l’OCS dice di rappresentare il 40% della popolazione del Pianeta e il 30 % del PIL mondiale. E’ tuttavia composta da Paesi spesso in conflitto fra loro, come ad esempio India e Pakistan, ma anche Cina e Russia, le quali, malgrado la stretta amicizia, hanno interessi storici, economici e strategici divergenti sull’insieme dei Paesi dell’Asia centrale. 

L’obiettivo a lungo termine dell’Organizzazione, nelle dichiarazioni spesso ripetute dei due maggiori attori, membri anche dei Paesi BRICS, Xi Jin Ping e Putin, è quello di costruire un “nuovo ordine multilaterale”, concetto che sottintende, a partire dal continente euroasiatico, la costituzione di un’alternativa alle Istituzioni internazionali che fanno capo all’Occidente, in particolare agli Stati Uniti. Al riguardo vale la pena guardare alla Dichiarazione finale di Astana, la quale, oltre a puntare al rafforzamento della cooperazione in vari settori fra i Paesi membri e al dialogo multilaterale, ha ribadito il ruolo della SCO per la pace giusta, la sicurezza e la stabilità globali, invitando la comunità internazionale ad aderire all’iniziativa.

Da questa Dichiarazione sottoscritta pochi giorni fa, il pensiero corre inevitabilmente al tema della pace e della guerra che Putin muove all’Ucraina da più di due anni a questa parte e a come il mondo sia diviso al riguardo. Ad Astana, la Turchia, membro della NATO e con un ruolo chiave in Medio Oriente, ha tentato di porsi come mediatore per facilitare l’avvio di negoziati fra Kiev e Mosca, tentativo che si è infranto di fronte all’intransigenza di Putin, per il quale la pace è possibile solo a partire dallo status quo territoriale attuale e da un futuro  neutrale dell’Ucraina, esigenze inaccettabili oggi sia per Kiev che per l’Occidente.

In questo contesto, anche il Presidente di turno del Consiglio UE, l’ungherese Viktor Orban, ha tentato un maldestro e personale tentativo di mediazione, senza mandato dell’Unione, correndo da Kiev a Mosca e da Mosca a Pechino, trovando continuamente porta chiusa e causando non poco imbarazzo a Bruxelles. 

Ma, la risposta più violenta di Mosca a Kiev e all’Occidente è arrivata con la strage di bambini nell’ospedale pediatrico di Kiev, proprio alla vigilia della tenuta del Vertice della NATO, dove il sostegno all’Ucraina e il suo ingresso nell’Alleanza atlantica è ormai fuori discussione.  E tutto ciò a pochi mesi dalle elezioni presidenziali americane, sulle quali pende l’ombra lugubre di un ritorno di Trump e l’esangue vitalità del presidente democratico Biden.

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