Solidarietà dell’Unione Europea a sostegno dell’Ucraina

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Era un Vertice molto atteso quello che si è tenuto a Bruxelles il primo febbraio scorso. In gioco non solo il rafforzamento del bilancio pluriennale 2021-2027 ma anche la solidarietà e il sostegno dell’Unione Europea nei confronti dell’Ucraina. 

Sebbene le decisioni fossero in sospeso e si trascinavano nell’incertezza da tempo e, in particolare, dall’ultimo Consiglio Europeo del dicembre scorso a causa di un caparbio veto da parte dell’Ungheria, la ritrovata e rapida unità dei ventisette Paesi membri ha destato sorpresa e non pochi interrogativi nei cittadini europei. 

Viktor Orban, Primo Ministro ungherese, ha infatti deciso di superare le sue reticenze nei confronti di un ulteriore sostegno finanziario a lungo termine all’Ucraina di 50 miliardi di Euro, reticenze sostenute fino all’ultimo da due pesanti giustificazioni, una politica e l’altra finanziaria, pericolosamente legate fra loro.

Viktor Orban non ha infatti mai nascosto la sua politica di amicizia con la Federazione russa e con il suo Presidente Putin, scostandosi in modo  imbarazzante dagli altri leader europei che cercavano di costruire un fronte compatto e solidale nei confronti dell’Ucraina, sia all’interno dell’UE che all’interno della NATO.

A questa scelta politica di Orban, difficilmente accettabile, si affiancava la decisione dell’Unione di bloccare i fondi europei destinati all’Ungheria, circa 20 miliardi di Euro, a causa del non rispetto da parte di Budapest dello stato di diritto. Ed è appunto in questo incrocio tra veto ungherese al sostegno dell’Ucraina e sospensione dei fondi europei all’Ungheria che si è giocato, da parte di Orban, uno spregiudicato ricatto all’UE e a Kiev.

Un ricatto di fronte al quale l’Unione non ha ceduto, in particolare sotto la pressione del Parlamento europeo che, in una recente risoluzione ha proposto il ricorso all’articolo 7 del Trattato che permette la sospensione del diritto di voto di uno Stato membro in seno al Consiglio per non rispetto dello Stato di diritto. 

Se, da una parte il premier ungherese non sembra aver ottenuto risultati dal suo braccio di ferro con gli altri Stati membri, salvo alcune misure di controllo europeo sui fondi a Kiev, dall’altra la facile resa di Orban si inserisce ora in un contesto politico europeo in evoluzione. In primo luogo, la prospettiva delle elezioni del Parlamento europeo a giugno, condurrà il partito di Orban, il Fidesz, fra le fila dei conservatori e a sostegno di quelle destre che stanno crescendo ovunque in Europa. Non solo, ma all’indomani delle elezioni europee, l’Ungheria dovrebbe assumere, secondo un calendario prestabilito, la Presidenza semestrale del Consiglio dell’UE, con tutti gli interrogativi che ciò comporta sul rispetto dei valori fondanti dell’UE e della solidarietà.

Questo contesto europeo si inserisce inoltre in un quadro occidentale più vasto in cui il sostegno all’Ucraina è in difficoltà. Sarà infatti uno dei temi al centro dei colloqui che il Cancelliere tedesco Scholz avrà il 9 febbraio a Washington con il Presidente Biden, in un momento in cui i fondi americani sono tuttora in sospeso davanti al Senato e dove incombono elezioni presidenziali poco rassicuranti al riguardo.

Nel frattempo la guerra continua, Zelensky ringrazia per l’aiuto dell’UE, anche se all’orizzonte non si vedono prospettive di pace che facciano tacere le armi.

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