Il futuro dell’Ue è già cominciato

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In tre giorni, da Madrid, Londra e Bruxelles, sono arrivati segnali importanti per il futuro dell’Unione Europea. 

A Madrid la COP 25, l’Assemblea ONU per il clima, ha terminato i suoi lavori senza significativi progressi, rimandando alla COP 26 di Glasgow del novembre prossimo, l’adozione di impegni operativi.

Nel Regno Unito la vittoria di Boris Johnson ha dato ai conservatori la maggioranza in Parlamento, confermando la “secessione” britannica dall’UE entro la data del prossimo 31 gennaio e l’avvio di un complesso negoziato per definire il nuovo partenariato tra le due sponde della Manica, con l’obiettivo – difficilmente raggiungibile – di concluderlo entro la fine del 2020.

A Bruxelles la Commissione europea ha presentato le sue prime proposte per la lotta all’emergenza climatica e il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo ha dato alcune prime risposte, incalzato dal Parlamento europeo, determinato a svolgere appieno il suo ruolo e a vegliare sulla legittimità democratica delle politiche UE.

In merito si è fatto sentire il presidente del Parlamento europeo, Davide Sassoli, ricordando che la fiducia data dai cittadini con le elezioni di maggio non è “un assegno in bianco. I nostri cittadini hanno chiesto un’Europa diversa, più democratica, più trasparente, più verde, più sociale e inclusiva, più sicura, più vicina ai loro bisogni”. E perché l’appello fosse chiaro, ha riaffermato il ruolo chiave del Parlamento nel nuovo ciclo istituzionale 2019-2024, grazie a una interazione con la Commissione e in dialogo con il Consiglio; ha ricordato l’impegno del Parlamento ad affrontare la “minaccia esistenziale” del cambiamento climatico e invitato il Consiglio ad adottare l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, dotando  l’UE delle risorse necessarie e, infine, ha riaffermato la volontà del Parlamento di essere forza trainante nell’attuazione della Conferenza per il futuro dell’UE annunciata dalla Commissione.

La risposta, poche ore dopo, del Consiglio europeo non è stata particolarmente calorosa: l’impegno per la neutralità climatica entro il 2050 è stato provvisoriamente convenuto, ma senza l’accordo della Polonia, e la disponibilità delle risorse finanziarie richieste è per ora di là da venire, soprattutto se la base per il negoziato sul Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 dovesse restare la proposta della presidenza finlandese, che ne congela la dotazione a livelli più che modesti. 

La tonalità delle conclusioni finali del Consiglio europeo non fa fremere di entusiasmo ed è molto lontana da quella del Parlamento e dalla forte determinazione della Commissione. Vi si legge che “la transizione verso la neutralità climatica offrirà importanti prospettive per la crescita economica” ma, constatata l’opposizione della Polonia, rinvia il tema a giugno 2020 e, quanto alle risorse finanziarie si sottolinea che il QFP contribuirà “in modo significativo all’azione per il clima” : parole sicuramente misurate se non addirittura reticenti. 

E anche a proposito della “Conferenza sul futuro dell’Europa” il tono è molto riservato: “Il Consiglio europeo ha valutato l’idea di una Conferenza sul futuro dell’Europa, da avviare nel 2020 e portare a compimento nel 2022, con la partecipazione del Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione nei rispettivi ruoli”. Anche qui, niente che spinga i cittadini europei a mobilitarsi per un’indispensabile esercizio di democrazia, rivendicato dal Parlamento con la partecipazione della società civile. 

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