I responsabili politici del mondo riuniti all’Assemblea generale dell’ONU

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Si è conclusa il primo ottobre scorso la settimana della 73ma sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, appuntamento di discussioni e incontri dei responsabili politici di quasi tutti i Paesi del mondo. Un appuntamento iniziato sotto la Presidenza di Maria Fernanda Espinosa Garcès, Ministro degli Esteri ecuadoriana, quarta donna ad assumere questo ruolo all’ONU e prima donna in assoluto proveniente da un Paese del Sudamerica.

Aprendo i lavori dell’Assemblea, la neo Presidente ha tracciato le linee guida del suo mandato, riassunte, per i 193 Stati membri, in “leadership globale e responsabilità condivise per società pacifiche, eque e sostenibili”. Dietro questa strategia, basata su un approccio multilaterale e sul richiamo all’unità, alla collaborazione e al dialogo, si delineano varie priorità fra cui il progresso  nella parità di genere, la protezione dell’ambiente, il processo di adozione del Global Compact su migrazioni e rifugiati (GCM), la riforma dell’ONU.

Temi importanti che attraversano l’insieme dei Paesi membri e che sottolineano anche  la necessità di far fronte alle spinte isolazioniste, nazionaliste e populiste che appaiono, con inquietudine,  in particolare negli Stati Uniti e in Europa. Importante in questo senso il richiamo prioritario sul raggiungimento del primo accordo internazionale sulle migrazioni, già in via di finalizzazione dallo scorso luglio e sottoscritto da molti Paesi dell’ONU. Un traguardo, quello del Global Compact, significativo da un punto di vista politico se si pensa alle difficoltà che sta vivendo l’Europa nella cooperazione e nella solidarietà  sulla gestione delle migrazioni e all’atteggiamento sempre più duro e intransigente degli Stati Uniti al riguardo. Anche se sarà un accordo carico di limiti, avrà tuttavia il pregio di offrire l’opportunità di scoprire e sperimentare nuove e possibili forme di cooperazione internazionale per la gestione di un fenomeno che è ai primi posti delle attuali e future sfide globali.

Le discussioni in seno all’Assemblea hanno tuttavia messo in evidenza le divergenze sempre più profonde fra l’unilateralismo di Trump e le posizioni di numerosi Paesi, fra cui la maggior parte di quelli europei, volte a difendere con rinnovata energia il multilateralismo e le sue sedi di dialogo. Nel mirino, i gravi pericoli racchiusi nell’indebolire il sistema multilaterale, garanzia, fino ad oggi, di rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, di cooperazione, di discussione ed elaborazione di accordi, di prevenzione dei conflitti. Particolarmente forte, al riguardo, è stata la critica del Presidente francese Macron nei confronti della “politica del più forte” praticata da Trump, in particolare per quanto riguarda le posizioni assunte nei confronti dell’Iran, del conflitto israelo palestinese e della lotta contro il surriscaldamento del Pianeta.  

Questo contesto, fortemente segnato dalle divisioni, non ha purtroppo permesso discussioni significative, se non a livello bilaterale o a margine dell’Assemblea Generale, sui conflitti e sulle gravi crisi umanitarie in corso, come ad esempio la guerra in Siria o nello Yemen.

In tema di pace, la riunione dell’Assemblea Generale è stata  tuttavia occasione per dichiarare il decennio 2018-2028 “Decennio Nelson Mandela per la pace”, un’iniziativa che dovrebbe impegnare i leader del mondo a perseguire quegli obiettivi di pace e di rispetto dei diritti per i quali lo stesso Mandela aveva dedicato tutta la sua vita.

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