Se ti sta a cuore l’Italia vota Europa

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Come c’era da aspettarsi e come avviene da sempre, la campagna elettorale che sta per concludersi non ha dato spazio ai temi europei. Per qualcuno è un’attenuante la coincidenza con le elezioni amministrative che coinvolgono in non pochi casi Comune e Provincia. Anzi, aggiungono altri, ringrazi l’Europa questa coincidenza: contribuirà   a ridurre l’astensionismo alle elezioni per il Parlamento Europeo.
Puಠdarsi, ma a ben guardare si tratta, in entrambi i casi, di considerazioni che non consolano.
Non è infatti una buona notizia che l’esercizio della democrazia si fermi alla cinta daziaria della «piccola patria» locale, vissuta come un’isola che basterebbe a se stessa nà© che le elezioni locali esercitino una provvidenziale funzione di traino per quelle europee, come se l’Europa – specie in una stagione storica come questa – non fosse ormai parte crescente della nostra vita quotidiana al punto da meritare comunque e di per se stessa tutta la nostra attenzione.
L’universo democratico in cui viviamo – e nel quale speriamo di poter vivere sempre – è diventato negli anni molto complesso. Agli occhi di qualcuno esso avrebbe generato un assetto istituzionale «pletorico» per non dire inutile e quindi da ridurre drasticamente e da semplificare. E poco importa se grande è il rischio di «buttare il bambino con l’acqua sporca» e minare una democrazia divenuta, per molti aspetti, pericolosamente fragile.
Ben venga quindi una riflessione ed un confronto su come rafforzare la nostra vita democratica per renderla più trasparente ed efficace ed evitarle di consumarsi nelle mani di poteri esecutivi che mal sopportano il potere parlamentare e quello giudiziario, salvaguardando gli equilibri costituzionali come ci ricorda ormai quotidianamente il nostro presidente della Repubblica.
Ma se già   è problematica la vita democratica all’interno di uno Stato-nazione, come il nostro, in precario equilibrio tra i diversi poteri che dovrebbero controbilanciarsi, anche più complessa è la democrazia che in Europa stiamo sperimentando tra gli Stati-nazione. Questi sono ancora poco disponibili a delegare parte delle loro residuali sovranità   ad un livello politico superiore al quale, con l’ingresso nell’Unione europea, hanno aderito senza tuttavia promuovervi una reale partecipazione dei propri cittadini.
E così i nodi irrisolti di questa cittadinanza europea, proclamata ma non esercitata, vengono al pettine, in modo particolare quando, ogni cinque anni, siamo chiamati ad eleggere il Parlamento Europeo, un’istituzione decisiva nella futura vita dell’UE – e quindi nostra – ma poco conosciuta nei crescenti poteri che detiene e nelle deliberazioni che adotta.
Nel mondo complesso in cui viviamo, un cittadino che voglia vivere in un orizzonte più ampio che non quello della propria «piccola patria» deve affrontare la fatica di una democrazia anch’essa complessa che lo vede dotato di più «appartenenze» (qualcuno parla di «identità  », termine da maneggiare con molta cautela ), da quella locale a quella nazionale fino a quella europea, in attesa di diventare «cittadino del mondo».
Ad ognuno di questi livelli, tra loro interconnessi, il cittadino che non voglia essere suddito deve esercitare la propria partecipazione attiva ed esprimere con il proprio voto il sostegno ad un disegno complessivo che saldi insieme gli interessi del proprio territorio di vita con quelli più generali dell’Europa cui è sono ormai affidate decisive responsabilità   per affrontare le sfide che ci attendono.
E’ il caso, tra l’altro, dei problemi ambientali ed energetici, delle relazioni internazionali per la promozione della pace e dello sviluppo e – come constatiamo dolorosamente in questi giorni – dei drammi dell’immigrazione.
Lo stesso vale per la risposta alla grave crisi economica ed occupazionale che viviamo: nessuno che abbia un po’ di buon senso puಠpensare che vi possano dare soluzioni durature i Comuni e le Province, quando già   ben poco possono fare Regioni e Stati nazionali.
Lo hanno capito i nostri imprenditori più avveduti, alla ricerca di larghe alleanze transnazionali, ma stentano a capirlo i cittadini-elettori, salvo poi piangere sul latte versato quando scoprono che queste alleanze avranno pesanti ricadute sui livelli occupazionali locali e che il loro avvenire si sta giocando altrove, lontano dal proprio territorio di vita e di lavoro.
Fra qualche giorno «votare Europa» e rafforzarne le Istituzioni democratiche significherà   interessarsi direttamente anche alla propria vita quotidiana locale, magari con più efficacia che non limitandosi a sostenere una lista civica o coalizioni elettorali che mirano a gestire gli interessi della «piccola patria» locale.
Significherà   anche mettere l’Italia in condizione di convivere correttamente con le altre democrazie europee, rispettandone le regole e gli impegni presi e lasciandosi alle spalle una «cultura della trasgressione» che vede il nostro Paese imputato a più titoli davanti alla Corte di Giustizia europea e poco affidabile agli occhi dei nostri partners che si stanno chiedendo dove stia andando questo nostro Paese che pure fu tra i fondatori dell’attuale Unione europea.
«Votare Europa» sarà   un’occasione da non perdere per quanti, insieme con la salvaguardia degli interessi locali e nazionali, hanno a cuore anche il rafforzamento della nostra fragile democrazia e un ritorno a testa alta dell’Italia in Europa.

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