Chi ha vinto, chi ha perso col referendum inglese

1294

E così, alla fine, in un crescendo di drammatizzazioni e accuse reciproche, i cittadini di Sua Maestà hanno scelto di lasciare l’Unione Europea: meno chiaro se abbiano deciso di stare ancora in questo mondo o sognino di tornare allo splendido isolamento dell’impero dei bei tempi passati.

E subito sono partiti i cori su chi ha vinto e chi ha perso.

E’ stato detto che avrebbe vinto la democrazia, quella cosiddetta “diretta” che piace tanto ai grillini, sottoposta alla ghigliottina di una scelta binaria, sì o no e tertium non datur. Forse la complessità della posta in gioco meritava meglio, ma alla fine la politica ha dovuto prendere posizione, laburisti compresi, sul progetto europeo.

Altri hanno detto che ha vinto la Gran Bretagna.

Dipende: nell’immediato non sembra, visto il crollo della sterlina e il panico che Londra, capitale della City, ha riversato sui mercati di mezzo mondo, diffondendo incertezza e moltiplicando le follie di questa stagione della storia. Sicuramente ha vinto una visione “isolana” di un Paese che non condivide molto la storia del continente e nel quale ha fatto premio un calcolo mercantile di tornaconto economico e finanziario, molto più che la condivisione di un progetto di società.

Capiremo meglio fra non molto gli altri guai che incombono sull’isola, a cominciare dal risveglio delle voglie indipendentiste della Scozia e dalla ribellione degli abitanti di Londra, nell’attesa di vedere l’impatto sul futuro dell’Irlanda del nord.

Nel giro dei prossimi due anni – tanto dura il tempo previsto per completare il divorzio dall’UE – assisteremo al riposizionamento della Gran Bretagna sullo scacchiere internazionale, dove è forte il rischio di perdere la “relazione speciale” con gli Stati Uniti, soprattutto se non vincesse Trump, e terra incognita i futuri rapporti con la Cina.

E anche con l’Unione Europea le cose non saranno facili, estromessa come sarà la Gran Bretagna dal mercato unico e costretta a rinegoziare bilateralmente decine e decine di accordi commerciali.

Anche l’Unione Europea, già non proprio in buona salute, è uscita con le ossa rotte dall’uscita della Gran Bretagna, ma con il vantaggio adesso di non avere più alibi per darsi un colpo di reni e accelerare,con chi ci sta, verso l’Unione politica, un orizzonte tenacemente contrastato dalle strategie britanniche fin dagli anni ’50, proseguite nella stessa direzione anche – e forse più ancora – dopo l’ingresso nella Comunità europea nel 1973.

Molto spesso è accaduto negli anni passati che altri importanti Paesi UE – per non fare nomi, la Francia e la Germania – si nascondessero dietro i frenatori inglesi per rallentare e deviare il processo di integrazione europea. E già in queste ore tornano a galla queste tentazioni, in particolare da parte di Angela Merkel che sembra voler guadagnare tempo per impedire che affiorino tragici ricordi dei conflitti che opposero Germania e Gran Bretagna e salvaguardare importanti interessi dell’economia tedesca nell’isola.

Adesso la maschera andrà gettata e il nuovo cantiere europeo finalmente riaperto. E almeno una cosa il referendum inglese ce l’ha insegnata: che la parola ora deve passare ai cittadini europei, evitando le scorciatoie dei referendum ma coinvolgendo, come poco è stato fatto finora, i popoli d’Europa nella partecipazione quotidiana alla ri-costruzione comunitaria.

Quello su cui possiamo essere tutti d’accordo è che adesso nell’UE nulla sarà più come prima e che è venuto il momento per questa Unione, in forte perdita di capacità politica e di visione progettuale, di ricominciare da dove era partita, alla ricerca di pace e benessere, con un disegno nuovo, in un mondo radicalmente mutato e con popoli che hanno bisogno di tornare a sperare nel futuro.

Anche in Europa la politica dei partiti e del “sistema di potere” tradizionale ha fallito. Adesso tocca ai cittadini e alle nuove generazioni reinventarla, facendo tesoro delle esperienze non sempre felici del passato. Compresa quella della quarantennale presenza britannica nell’Unione Europea.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here