L’Europa nella competizione elettorale italiana

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Nell’attesa che si precisino e si svelino i programmi elettorali e che si passi da vaghe e generose promesse a impegni rigorosi di cui si spera venga indicata la copertura di spesa, qualche considerazione già   si puಠformulare sulla presenza o meno di una dimensione europea di questa singolare competizione elettorale italiana.
Singolare a cominciare dal tono quasi anglosassone adottato, almeno per ora, da parte dei contendenti che sembrano fare a gara per non duellare troppo apertamente, preferendo affidarsi ad allusioni ironiche e un po’ assassine nei confronti dell’avversario lasciando per ora da parte gli affondi che fanno male. E forse c’è anche qui qualcosa di nuovo e di un po’ «europeo»: l’attenzione portata ai contenuti e alle attese degli elettori piuttosto che alla demonizzazione dell’avversario promosso, almeno a parole, a competitore democratico e quindi meritevole comunque di rispetto. Resta da vedere quanto durerà   questa insolita brezza leggera di fair play, ma intanto la novità   va registrata.
Più complicato valutare il tenore europeo delle alleanze politiche che si sono formate. Certo è tendenzialmente europeo il tentativo di semplificazione del paesaggio politico con la riduzione della giungla dei partiti che divertiva molto gli osservatori stranieri e molto meno chi era chiamato a governare. Le dinamiche in corso potrebbero a termine condurre l’Italia alla normalità   dello schema politico europeo che, dove non si esprime con forme di bipartitismo come nel Regno Unito, limita tuttavia gli schieramenti ad un arco che, al di là   di ali estreme a destra e sinistra, contiene le altre componenti in un’area di centro, chi con un’opzione riformista verso una sinistra progressista e chi con un orientamento liberista verso una destra conservatrice. Schema che lascia aperti non pochi interrogativi su che cosa significhino oggi sinistra e destra e più ancora che cosa possa contenere il «centro-centro» in un sistema democratico di sana alternanza.
E qui, con questi interrogativi siamo sicuramente europei: ridefinire le mappe politiche nell’Europa che si è venuta a formare dopo la caduta del muro di Berlino non è un problema solo italiano ma largamente condiviso in tutta l’Unione europea.
Ma torniamo alle alleanze che il terremoto in corso nel nostro Paese (che, non dimentichiamolo, è perಠanche quello gattopardesco del cambiare tutto perchà© tutto resti come prima) ha prodotto e sta producendo. Per correttezza bisognerebbe qui distinguere tra fusioni e alleanze e tra fusioni preparate nel tempo e quelle precipitate in poche ore alla vigilia elettorale: l’Europa che ha apprezzato le prime non nasconde la sua sorpresa sulle seconde, attribuendole perlopiù alla disinvolta creatività   della politica italiana di cui sono da sempre note le tendenze al trasformismo.
E poi ci sono le alleanze che si traducono ovviamente con patti tra diversi, in alcuni casi anche un po’ troppo diversi da suscitare non poche perplessità  . Al netto di tutte queste italiche complicazioni, adesso l’Europa aspetta di vedere come potranno trasferirsi queste fusioni e alleanze nel Parlamento europeo, dove la configurazione politica conta un numero limitato di raggruppamenti adesso in difficoltà   ad accogliere le «carovane politiche» in arrivo dall’Italia.
Solo per fare qualche esempio: riusciranno a stare insieme i molti colori dell’»Arcobaleno» nell’emiciclo di Strasburgo? E le diverse sensibilità   del Partito democratico oggi distribuite in tre differenti Partiti europei saranno in grado di accordarsi per una casa comune nel Parlamento europeo? Non meno complicata la ricerca di un approdo coerente per il partito del Popolo delle libertà  : già   l’allora Forza Italia imbarazzava non pochi nel Partito popolare europeo, figurarsi adesso con l’arrivo dell’ex-Alleanza Nazionale e le sue propaggini come quella guidata dalla Mussolini in un Partito popolare europeo che ha tra i suoi padri nobili De Gasperi e tra i suoi fondatori esponenti dell’antifascismo europeo. Se in Italia è bastato il Congresso di Fiuggi per dimenticare e una telefonata per accorpare la destra, in Europa i tempi per metabolizzare evoluzioni politiche di queste dimensioni sono comprensibilmente più lunghi e sarà   bene per noi italiani fare chiarezza su chi siamo, da dove veniamo e, possibilmente, verso dove vogliamo andare.
A capirlo noi e ad aiutare i nostri partners europei a capirlo saranno utili i programmi elettorali. Il nuovo, se ci sarà  , dell’avventura politica italiana in Europa sta appena cominciando.

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