Referendum francese: ampio il confronto, modesta la qualità  

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Ultime battute del dibattito sul referendum francese a proposito della Costituzione Ancora una volta in Francia a poche ore dal voto del 29 maggio colpiscono i toni del confronto e la partecipazione all’argomento da parte di larghi strati della popolazione. Se ne parla nei caffè al momento dell’aperitivo, si intensifica il volantinaggio nei mercati di quartiere, ovunque manifesti che urlano il NO e cercano di argomentare il SI’. Interessante passare in rassegna le pubblicazioni sull’argomento allineate innumerevoli in libreria, più sorprendente ancora scoprire le numerose testate di periodici, anche popolari, che ne fanno il titolo di copertina. In particolare stupiscono le riviste per ragazzi ed adolescenti che dedicano al loro giovane pubblico ( tra i 5 e i 18 anni!) ampi servizi ad un tema complesso che molti pensano riservato ai solo elettori adulti.

Positiva l’ampiezza del dibattito, meno la qualità  

Se sorprendono le dimensioni del confronto sulla Costituzione europea, non altrettanto si puಠdire della qualità   – e fors’anche, a volte, l’onestà   – del dibattito. Intanto per la modesta pertinenza delle questioni sollevate che spesso nulla o poco hanno a che vedere con la Costituzione o, addirittura, con le più tradizionali problematiche europee. A questo si aggiunge una notevole dose di settarismo e di demagogia: è troppo evidente, soprattutto nei responsabili politici ma anche negli attori della società   civile, un clima da «partito preso». Prima gli schieramenti e le ambizioni personali, poi il SI’ o il NO alla Costituzione e solo alla fine l’esplicitazione degli argomenti. I quali si rivelano spesso un po’ sommari, formulati più nel registro della minaccia o della seduzione che non in quello della spiegazione e del ragionamento, magari un po’ articolato quando occorre. Si tocca qui con mano il limite dello strumento referendario, troppo rozzo per dare conto della complessità   di un Trattato internazionale, frutto di un negoziato sofisticato e di compromessi sottili, non sempre chiaramente visibili nel testo. Senza contare l’inadeguatezza specifica di questo referendum di dimensioni nazionali che agita prevalentemente problemi di politica interna ma con un risultato che peserà   sulla vicenda europea, per di più senza la prospettiva realistica di poter rinegoziare il testo in tempi ravvicinati. E’ comprensibile che a qualcuno sia venuto in mente di invocare un referendum europeo, più correttamente dimensionato sulla natura europea del testo da valutare e sanzionare. L’idea è simpatica e anche generosa, ma l’esperienza ricavata dalla partecipazione a questo confronto suggerisce di pensarci bene prima di finire dalla padella nella brace.

La conoscenza dell’Unione, grande assente dalla scena

Perchà© a monte di tutte le perplessità   che suscita il referendum francese e degli interrogativi che deriveranno dal suo esito, qualunque esso sia, vi è un’evidenza grossa come una montagna: come esprimersi ragionevolmente su una materia che non si conosce e su una vicenda che viene da lontano e in cui l’attuale Trattato costituzionale non è che un momento di un processo dagli esiti largamente aperti? E questi «maestri» del SI’ e del NO che adesso danno istruzioni così chiare e perentorie, dov’erano negli anni passati quando giorno dopo giorno l’Unione si veniva formando ed entrava nella nostra vita quotidiana? Alcuni di questi «maestri» sedevano proprio là   dove l’Europa si andava facendo, ma di raccontare alla gente come e perchà© quelle decisioni si prendevano era proprio il loro ultimo pensiero. Allora non avevano tempo da perdere, troppo complessi gli argomenti, troppo debole la preparazione e l’attenzione dell’uomo della strada. Perchà© stupirsi adesso se proprio quella gente oggi è tentata da un NO più irritato e vendicativo che non da un SI’ ragionato e confortato da argomenti solidi piuttosto che dagli slogan dell’ultima ora?
Mancano ormai poche ore ai risultati del voto e la vigilia è segnata dall’incertezza. Ma una cosa fin d’ora appare certa qualunque sia l’esito del referendum: ci sarà   molto da fare, e non solo in Francia, perchà© i popoli d’Europa imparino che cos’è la nostra Unione. E soprattutto perchà© i responsabili politici, e con essi quelli della società   civile, imparino a «comunicare l’Europa» e a restituirla così ai suoi cittadini. Niente di eccezionale insomma, solo un’operazione di normale democrazia.

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