«Questo attentato punta chiaramente a destabilizzare il Paese e dimostra che ci sono forze che cercano di impedire il processo di democratizzazione del Pakistan» ha dichiarato l’Alto rappresentante della Politica estera dell’UE, Javier Solana, dopo il grave attentato che ha ucciso la ex premier e attuale leader dell’opposizione Benazir Bhutto insieme ad altre 20 persone.
In effetti, il Pakistan è caduto in una situazione di caos generale, con manifestazioni e disordini su tutto il territorio che hanno già provocato altri 10 morti e decine di feriti, mentre le autorità hanno ordinato alle forze dell’ordine di sparare ad altezza d’uomo e il governo ha confermato lo svolgimento delle elezioni previste per il prossimo 8 gennaio boicottate perಠdall’opposizione, tutte decisioni che non contribuiranno certo a calmare la situazione. Intanto il Paese è bloccato, è stato proclamato uno sciopero generale e sono chiusi uffici pubblici e scuole.
L’attentato avvenuto ieri a Rawalpindi, vicino alla capitale Islamabad, è stato rivendicato dal cartello del terrorismo islamico Al Qaeda: «àˆ la nostra prima grande vittoria contro coloro che si sono schierati a fianco dei miscredenti nella lotta contro Al Qaeda e hanno dichiarato una guerra contro i mujahidin», ha dichiarato il capo delle operazioni dell’organizzazione terroristica in Afghanistan, Mustafa Abu al-Yazid, riferendosi ai comizi elettorali in cui Bhutto condannava fermamente l’estremismo islamico.
Mentre molti, compreso il marito della vittima, danno responsabilità al governo pakistano e al presidente Pervez Musharraf, è forte la preoccupazione internazionale per la degenerazione della situazione in un Paese strategico per gli «equilibri» regionali e internazionali, con una storia turbolenta ma forse mai così critica, tra l’altro unico Paese musulmano dotato di armamenti nucleari. Un Paese di 160 milioni di abitanti, con metà popolazione analfabeta e un quarto in stato di povertà , un economia che dipende dagli aiuti degli USA in cambio della collaborazione nella «guerra al terrorismo» da parte del presidente Musharraf, ma dove i potenti servizi segreti sono notoriamente vicini all’estremismo islamico dei taliban e di Al Qaeda che nelle aree tribali del Paese hanno le loro roccaforti. Una situazione in cui l’attuale ambiguo presidente-dittatore è forse il male minore secondo la comunità internazionale, con il quale Benazir Bhutto si era accordata per una spartizione delle responsabilità politiche in vista delle prossime elezioni nel tentativo di un ritorno alla normalità , probabilmente impossibile.
Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, si è detto «scioccato e indignato dall’assassinio della signora Bhutto», definendo l’attentato «un assalto alla stabilità del Pakistan e dei suoi processi democratici. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, riunito d’urgenza, ha condannato «nei termini più forti possibili» l’assassinio della ex premier pakistana, sottolineando che «il terrorismo in ogni sua forma e manifestazione è una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale». La presidenza di turno dell’UE ha fermamente condannato l’attacco terroristico appellandosi al popolo pakistano perchà© si astenga dalla violenza. L’attentato è stato definito «un crimine odioso e terroristico» dal segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, un «atto codardo» dal presidente statunitense George W. Bush che ha confermato il suo appoggio a Musharraf, «un atto di terrorismo barbarico» dal presidente russo Vladimir Putin, secondo il quale si è di fronte a «una sfida da parte delle forze del terrorismo, rivolta non solo al Pakistan ma anche all’intera comunità internazionale».
A livello regionale, invece, mentre il presidente pakistano ha chiesto alla popolazione di mantenere la calma ma l’altro leader dell’opposizione, Nawaz Sharif, ha annunciato che il suo partito boicotterà le elezioni parlamentari del prossimo 8 gennaio, il presidente afghano Hamid Karzai ha parlato di «immensa brutalità compiuta da nemici del Pakistan», mentre il ministero degli Esteri iraniano ha condannato l’attentato aggiungendo che «la continua instabilità in Pakistan non va a beneficio del popolo pachistano e rischia di avere impatti negativi sulla stabilità e la sicurezza dei Paesi della regione».