Obiettivo «Zero poverty»: la campagna della Caritas Europa

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«La povertà   è uno scandalo. Ogni essere umano ha diritto ai mezzi sufficienti per vivere una vita decorosa». Inizia così il documento La povertà   in mezzo a noi che spiega la campagna «Zero poverty», lanciata da Caritas Europa nel quadro dell’Anno europeo per la lotta alla povertà   e che comprende, oltre a iniziative in vari Paesi europei, una petizione il cui obiettivo è la raccolta di un milione di firme per chiedere ai governi e alla Commissione Europea alcune azioni concrete. La Caritas Europa, tra l’altro, è membro dell’European Anti Poverty Network (EAPN), rete europea di organizzazioni impegnate nella lotta alla povertà   e all’esclusione sociale e il cui parere sulla situazione della povertà   in Europa e sull’Anno europeo 2010 è stato espresso su questo sito dal direttore, Fintan Farrell.
Caritas Europa nel suo documento analizza il sistema sociale di welfare come parte del benessere per tutti i cittadini e definisce la povertà   come «assenza di benessere». I pilastri del sistema sociale di welfare sono essenzialmente tre, secondo la Caritas: l’occupazione produttiva retribuita nel mercato del lavoro; la solidarietà   in famiglia e nelle reti primarie; il sostegno assicurato dallo Stato socio-assistenziale.
Le società   sono perಠin uno stato di costante trasformazione economica, sociale e demografica che muta i livelli del sistema sociale con ricadute in materia di povertà   ed esclusione sociale. Secondo Caritas Europa la povertà   e l’esclusione sociale sono conseguenza di una disfunzione delle tre fonti del sistema sociale di welfare (mercato del lavoro, famiglia e stato socio-assistenziale) causata dalla trasformazione della società  : a questi tre pilastri deve pertanto essere nuovamente consentito di svolgere appieno il proprio ruolo.
«L’eliminazione della povertà   in Europa non sembra più essere l’obiettivo dei governi europei, se mai lo è stato – osserva Patrizia Cappelletti, membro di Caritas Europa e tra gli autori del documento -. I vecchi rischi di povertà   sono ben lungi dall’essere stati eliminati dalla trasformazione sociale ed economica e, anzi, ne stanno emergendo di nuovi. Ci si deve dunque chiedere come il sistema socio-assistenziale possa rispondere a questa evoluzione e se possa ancora una volta temporeggiare quando è in gioco il bene pubblico».

Le varie dimensioni della povertà  
La povertà   non è perಠsolo mancanza di risorse finanziarie, sottolinea Caritas Europa che considera invece otto dimensioni: le risorse finanziarie, il benessere derivante dallo stato di salute, la situazione abitativa, il livello di istruzione, l’integrazione occupazionale, l’integrazione sociale, l’integrazione inerente alle norme sulla residenza e la famiglia di origine. Oltre a queste è riconosciuta l’importanza di altre dimensioni quali quelle psicologica, culturale, etica e spirituale.
«Più una persona è povera in una di questa otto dimensioni, più sono le dimensioni nelle quali si scontra con dei limiti, più precaria è la sua situazione – spiega Cappelletti -. L’aumento della precarietà   è da considerarsi un «movimento verso l’emarginazione» e la povertà   è una situazione della vita ai margini della società  . La povertà   conduce all’esclusione sociale e l’esclusione sociale conduce alla povertà  , ma le due non sono la stessa cosa. In una determinata società   potrebbero esserci persone povere ma ben integrate, oppure ricche ma emarginate».
La povertà   e l’esclusione, dunque, non si limitano all’assenza di beni materiali e alle carenze del sistema sociale di welfare, perchà© a queste si collegano la solitudine e la capacità   di sostegno delle reti di cui la persona fa parte. Secondo Cappelletti «la descrizione della povertà   in queste otto dimensioni consente anche di scoprire le opportunità   di cambiamento».

Combattere la povertà   prevenendola
Le politiche sociali europee attuali rimangono perಠincentrate sull’assistenza alle persone indigenti, un «approccio lacunoso» secondo Caritas Europa perchà© sarebbe invece necessario «concentrare il sostegno sulle fasi iniziali della vita e sulle transizioni tra una fase e l’altra e assicurarsi che la spirale della povertà   non venga mai imboccata».
Questo richiederebbe politiche sociali orientate agli investimenti, che si prendano cioè cura delle famiglie indigenti in una fase iniziale, migliorino l’accesso alle strutture di assistenza all’infanzia e alle scuole e forniscano sostegno nelle prime fasi della vita per poter affrontare le transizioni successive, sottolinea Caritas Europa: «Queste politiche possono evitare il «trasferimento intergenerazionale» della povertà  : il modo migliore per combattere la povertà   è prevenirla». I governi devono assumersi il ruolo che spetta loro, osserva Caritas Europa secondo cui «cambiare la situazione richiede l’adozione di una visione della realtà   sociale che origina dai poveri e tra i poveri». L’emancipazione dei poveri rappresenta quindi il primo passo verso l’inclusione sociale.
«Non dobbiamo abbandonare il pensiero scientifico, ma dobbiamo trascenderlo, soprattutto perchà© riuscire a capire la realtà   significa esserne coinvolti. Questo impegno ci conduce a un nuovo modo di pensare che recupera la prospettiva dei poveri e degli esclusi: la limitatezza e l’insufficienza della nostra conoscenza ci impone di ascoltare» sottolinea Cappelletti.

Fondamentale la partecipazione sociale
Ascoltare, riflettere, imparare, cambiare, agire: sono i cinque passaggi necessari individuati da Caritas Europa, secondo cui per realizzare una nuova visione della realtà   sociale deve essere articolato un nuovo modo di pensare, che offra una visione alternativa della storia e del futuro comune: «Se alla prima possiamo dare il nome di «memoria» (la nostra memoria dovrebbe essere anche la memoria dei poveri e degli emarginati, trasfigurata dalle loro esperienze e sofferenze), la seconda puಠessere definita «utopia», intesa come un modo nuovo e realmente concreto di guardare al nostro futuro comune con speranza, partecipazione e responsabilità   condivisa». Nella visione Caritas della realtà   sociale, «che non puಠprescindere dai vincoli sociali e dalla comunità  », questa ricostruzione di «memoria» e «utopia» puಠessere ottenuta solo all’interno della comunità  . La partecipazione sociale diventa dunque uno strumento necessario per combattere la povertà  : «Il nostro modo di pensare deve essere arricchito tramite il «dialogo civico», i legami sociali, le relazioni e l’emancipazione, soprattutto degli indigenti e degli oppressi. L’emancipazione dei poveri rappresenta il primo passo verso l’inclusione sociale. Il modo migliore per prevenire la povertà  , e per combatterla, è dunque la partecipazione sociale»

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